Thomas in scia all’ammiraglia Ma la Var lo assolve
A13 chilometri dal traguardo, in un finale da far saltare i nervi, a uno dei favoriti del 106º Giro d’Italia salta invece la catena. Geraint Thomas, capitano Ineos, resta fermo in attesa dell’assistenza mentre il gruppo vola a 55 all’ora: è la classica occasione in cui in un attimo butti via ogni sogno di gloria. Atteso dai gregari Ganna e Swift, il gallese — incurante delle telecamere — rimane oltre due minuti nella scia dell’ammiraglia Ineos che lo riporta in gruppo a 70 all’ora. Senza quell’aiuto forse non sarebbe rientrato. La regola 4.7 dell’Uci è chiara: se in una gara a tappe un corridore sfrutta «in modo prolungato la scia dell’ammiraglia» viene penalizzato dai 20’’ ai 5’ e perde il 20% dei punti Uci. Per incastrare i furbetti delle scie (ma anche rilevare altre irregolarità) al Giro c’è una giudice addetta al Var (l’italiana Francesca Mannori) che passa 5 ore al giorno in un van accanto alla linea del traguardo con 11 monitor, annotando ogni possibile infrazione per segnalarla alla giuria internazionale, indipendente dal Giro. Lo scorso gennaio, al Tour Down Under, James Knox, rimasto ferito nella parte iniziale di una tappa e rientrato grazie all’aiuto del suo ds, è stato buttato fuori gara. Ma nel comunicato arrivato in tarda serata, tra ammonizioni e multe, non c’è nessun provvedimento contro Thomas e la sua Ineos. Perché? Spiegazioni trapelano in modo informale: vista la difficoltà del corridore, le ammiraglie di alcuni team avversari avrebbero provato a «fare il buco» distanziandosi tra di loro per rendergli difficilissimo il rientro. Il comportamento del gallese non è stato sanzionato perché considerato reazione a un’azione antisportiva e sleale, incrociando Var e segnalazioni dei giudici in moto. Le regole sono regole, ma il buonsenso a volte le rende elastiche.