Spazi bianchi per parlare d’amore in versi
Pensiero e suono del corpo concorrono a indagare le differenti forme del linguaggio, a formulare neologismi nel travalicare, irrompere, esaltare le impulsive energie delle voci interiori. Un viatico che conduce a quella istintiva pienezza del compimento dell’essere umano, vale a dire l’amore che pulsante perdura in fusione con tutte le forze dell’universo. Ogni scrittore in versi ha la possibilità di entrare in contatto con la sacralità del divino, costruendo il tessuto ritmico che glorifica la parola, ovvero il logos primigenio. Come del resto riteneva Percy Bysshe Shelley, che conclude la sua Difesa della poesia, composta nel 1821, affermando il ruolo dei poeti come «ministri di un’ispirazione non ancora percepita, ... parole che esprimono ciò che essi non comprendono, ... I poeti sono i non riconosciuti legislatori del mondo». Su tale binario si dispiega il lavoro poetico di Laura Pugno (Roma, 1970), un affastellarsi di acustiche emozioni e meditanti segni linguistici. La sua filosofia della composizione utilizza un plurimo occhio e un orecchio moltiplicato, che in connubio assumono il compito di creare nuovi codici di comunicazione. In un tempo senza tempo è un ripartire da zero, senza dimenticare ciò che è stato detto e scritto.
Queste sono alcune istruzioni per l’uso al lettore, tese a meglio penetrare la silloge I nomi (in libreria dal 19 maggio per La nave di Teseo, pagine 112, euro 16). Non esistono regole o gabbie nei testi dell’autrice, giunta ora all’ottava raccolta edita. Ampi sono gli spazi bianchi, mentre soltanto virgole e trattini di separazione segnano la pausa tra un verso e l’altro. Una poesia vaticinante che da un lato ben si adatterebbe a un canto orale, scritto per essere recitato in teatro, mentre dall’altro necessita della pagina per la comprensione visiva formale. Taluni testi evocano Melusina, la sirena che vive fra gli umani, di cui la scrittrice ha pubblicato una fiaba. Un mito che fa ricordare Antonio Porta e il suo poemetto-ballata, intitolato appunto Melusina, edito nel 1987 da Nicola Crocetti. Tanto che la poetessa chiama il mondo scegliendo il nome «oceano», mentre le generazioni trapassano. Così in senso metamorfico un padre diventa «bougainvillea» e una mamma «falco nel cielo».
La scansione degli eventi non procede in senso temporale. Tutto è immobile, la poesia non ha il compito di condurre alla chiarezza. Tanto che Pugno ripete: «Il tempo è compresente, non c’è/ prima o dopo — queste/ poesie scritte prima o dopo, l’una/ prima o dopo l’altra, ma non c’è// prima o dopo, sono/ come il sole, il cambiamento/ il movimento tutto insieme, a tempo,// non c’è evento/ solo la voce che ha bisogno/ di aria per arrivare a te, che s’incrina/ o ride —». Rivolgendosi a un «tu» indistinto e iterando termini in un abile gioco di sovrapposizioni, per Pugno scrivere poesia vuol dire parlare soprattutto d’amore. Non a caso per due volte cita il termine «senhal», nella lirica provenzale un appellativo riservato di solito alla donna amata ma anche per celare amici e noti personaggi, impiegato da Dante fino a Montale e oltre.
Al Salone del Libro
Laura Pugno parteciperà a tre appuntamenti al Salone di Torino. Venerdì 19 alle 12.45 in Sala Lisbona modererà l’incontro «Premi, portali e promozione» e alle 17.15 in Sala Ambra sarà tra i relatori dell’incontro «Novo sconcertante italico. Dove sta andando la letteratura weird?»; sabato 20 alle 16 al Bosco degli scrittori parteciperà all’incontro «Melusine e principesse. Il mito come utopia, la metamorfosi come pratica femminista».