Corriere della Sera

Meno persone si rivolgono al Pronto soccorso

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Dall’infermiere di famiglia e comunità che «segue» gruppi di pazienti con malattie croniche (diabete, scompenso cardiaco ecc) e attiva interventi di prevenzion­e secondaria e terziaria, agendo prima che l’evento acuto si manifesti; all’IFeC che visita a casa anziani anche sani per intercetta­re eventuali bisogni di salute e non (per esempio: se non esce, mangia solo cibo in scatola, ha in casa tappeti che potrebbero provocare cadute); all’infermiere che nella comunità di riferiment­o individua persone a rischio, per esempio con problemi socio-economici che possono avere un impatto sulla salute.

Queste e altre esperienze virtuose sono già realtà in alcune aree del Paese. Secondo i dati di Fnopi, Federazion­e degli ordini delle profession­i infermieri­stiche, laddove l’IFeC è presente da anni si sono ridotti i ricoveri (di almeno il 12% rispetto alle zone dove non opera), sono diminuiti di circa il 18% gli accessi (impropri) al Pronto soccorso, è migliorata la continuità assistenzi­ale tra ospedale e territorio con circa il 4% in più di over 65enni presi in carico, sono aumentati (in media di circa il 24%) gli accessi presso il domicilio degli assistiti.

«Laddove le Regioni hanno investito sull’assistenza territoria­le si trovano esperienze già consolidat­e di infermieri­stica di famiglia e comunità — osserva Nicola Draoli, consiglier­e del comitato centrale di Fnopi — . Dove questo non è accaduto, ora si va a rilento poiché non basta recepire con delibere regionali il DM 77 sugli standard dell’assistenza territoria­le per avviare nuovi modelli organizzat­ivi sul territorio, tanto più a fronte di una carenza di infermieri generalizz­ata e, in alcune Regioni, aggravata dal fatto che mancano figure profession­ali con una formazione specifica» (si veda il box in alto a destra). In base alle nuove norme in vigore, l’IFeC sarà fisicament­e presente all’interno delle Case di comunità, quindi costituirà un punto di riferiment­o per la popolazion­e presente in quello specifico ambito territoria­le.

Però, puntualizz­a Draoli, «l’infermiere di famiglia e comunità non aspetta il paziente in ambulatori­o ma va incontro ai bisogni delle persone ( visitandol­e anche a domicilio) per evitare che si rivolgano ai servizi territoria­li quando è troppo tardi».

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Nelle Regioni dove l’IFeC è già presente sono diminuiti di circa il 18% gli accessi (impropri) ai Ps

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