Ivan, la sclerosi multipla e il coraggio di ballare sulla sedia a rotelle
La malattia si è manifestata quando aveva 25 anni. E, da modello votato al successo, lo ha trasformato in un simbolo di resilienza. Ora ha scritto un libro in cui si racconta e porta la sua danza in tutta Italia per testimoniare che niente è impossibile
Chi è Ivan Cottini e perché ha voluto scrivere un libro sulla sua malattia, la sclerosi multipla? È il personaggio «bello, sfigato e ribelle», come si descrive? Oppure è il malato «dissacratore», quello che organizza toga party mentre è ricoverato in ospedale?
Chi è Ivan Cottini? Il bambino ciccione e bullizzato dai compagni di classe o il brutto anatroccolo che si trasforma poi in cigno e in cinico sciupafemmine? L’uomo dai 106 tatuaggi, il vanesio, il superficiale, l’ignavo impegnato a correre dietro il vessillo vuoto dei social, la comparsata in televisione, il mondo della moda, l’ossessione di tornare sul palco di Sanremo?
Oppure l’uomo che sussurra alle piante, il danzatore sulla sedia a rotelle che incanta, il figlio e fratello sensibile, il padre tenero e un po’ folle di Viola, che oggi ha 8 anni?
Tutti e nessuno. Ivan è «divisivo», sotto tutti i punti di vista. O si odia o si ama. E lui lo sa. Con questa sua capacità di suscitare sentimenti contrastanti ha sempre giocato a rimpiattino e continua a farlo. Gli è servita per emergere da un angolo sconosciuto della provincia marchigiana. Lo ha sorretto, mentre cavalcava l’onda di una notorietà effimera.
Il prima e il dopo
Ma questo prima che la malattia, come spesso accade, separasse le acque della sua esistenza, erigendo un muro invalicabile.
Fino ai 25 anni, c’è l’Ivan «edonista», votato a scalare il mondo con tutti i mezzi possibili. «È un Ivan che non riconosco, non mi piaceva. Non voglio cercare giustificazioni, ma a 20 anni si ha tanta fame di apparire. Ti butti a capofitto nelle cose con tanta ingenuità. Ora la malattia mi fa vedere il mondo in un prospettiva diversa e, mi piace dirlo, oggi sono una persona migliore».
Per lui, il «dopo» una mattina di aprile del 2013. Si sveglia e non ci vede praticamente più con l’occhio destro. Un breve ricovero in ospedale, le dimissioni e dopo due giorni si manifestano i problemi di equilibrio, l’insensibilità alla gamba destra. Altre indagini, macchie a livello del cervelletto e il verdetto finale: sclerosi multipla. «A casa morimmo tutti», annota nel libro. Ma in quei mesi convulsi, bui e dolorosi, il «nuovo» Ivan viene alla luce. E inizia la rinascita.
«La motivazione più forte mi è arrivata dal desiderio di rendere felici gli altri, di non farli soffrire».
Uomo-immagine
Da perfetto «uomo-immagine», sfrutta i social e documenta ogni momento della malattia. Viene contattato da Aism (l’Associazione italiana sclerosi multipla) Pesaro-Urbino che gli propone di realizzare un calendario «per trasmettere la mia forza agli altri malati e raccogliere fondi da destinare alla ricerca sulla malattia». Ogni mese avrebbe rappresentato una situazione diversa in cui i limiti della sclerosi multipla venivano sbeffeggiati, nel tentativo di renderli meno invalicabili.
«Un successone» racconta, seguito da interviste e articoli, richieste di partecipazione a eventi. Siamo all’inizio dell’estate del 2015. Durante una serata lo contatta Giovanna, una ragazza impegnata in una raccolta fondi. Gli propone di «danzare, facendo dei piccoli movimenti con le braccia».
«Una danza statica, poco intrigante», scrive. In grado però di far scattare qualcosa. Capisce che anche quei gesti goffi fanno subito presa sul pubblico. «Intuii la portata rivoluzionaria di quel primo passo nel mondo della danza, il valore simbolico positivo che la mia persona unita alla danza poteva testimoniare». E da quell’esibizione cominciano a chiamarlo «il malato di sclerosi che balla».
Dall’ospedale al palco
La danza diventa il carburante potente per andare avanti.
«Quando danzo, è come fare l’amore. Ho un’esplosione di endorfine che mi basta per uno o due mesi anche se poi mi tocca stare una settimana, dieci giorni, a letto con tutti gli acciacchi e i problemi vari in aggiunta a quelli della malattia». Per poi ripartire. «La danza mi fa prendere a calci nel c... la malattia e mi fa stare bene mentalmente. Posso affrontare qualsiasi difficoltà».
Nella seconda vita di Ivan, quelle proprio non mancano: oltre alle montagne della sclerosi multipla da scalare in ogni istante, l’ostilità anche di altri malati come lui che lo giudicano troppo «sopra le righe», lo accusano addirittura di sfruttare la malattia per soldi e vomitano odio sui social.
Ma lui non si smonta. «Quando ti ammali hai due strade: o ti incattivisci ogni giorno, fomenti rabbia contro te stesso, tutto e tutti oppure reagisci, vai avanti con il sorriso e ti carichi la malattia sulle spalle come una compagna di viaggio e di giochi. Io ho scelto la seconda». Che a Ivan però è costata molto anche dal lato personale. Affetti e amore sono sfuggiti come sabbia tra le dita. Gli restano la danza, sua mamma, Viola e l’incertezza del domani. «Purtroppo non guardo al futuro, navigo a vista e vivo giorno per giorno.
«Spero di veder crescere mia figlia il più a lungo possibile. È il mio più grande desiderio. In eredità, vorrei lasciarle i veri valori della vita. Quei valori per i quali vale realmente la pena di svegliarsi, ogni mattina».
” È brutto ammetterlo, ma devo ringraziare la malattia: mi ha “salvato” dall’Ivan che era immerso in un mondo nel quale di sicuro sarei rimasto schiacciato