SULL’INTELLIGENZA (TUTTA) SIAMO UN PO’ SMEMORATI
Anche se oggi può sembrare curioso il protagonista in un episodio del 1974 del «Tenente Colombo» era già l’intelligenza artificiale. In «La mente oltre il caos» un robot capace di mostrare reazioni emotive si urta quando perde a scacchi. Simula di essere il professor Cahill (la star José Ferrer) mentre compie il suo omicidio. E, interrogato da Peter Falck, capisce che la ricostruzione ufficiale non è possibile, aiutando a stringere il cerchio intorno al colpevole. È curioso ai nostri occhi un po’ smemorati e prigionieri del fascino del presente ma non raro per l’epoca: negli anni Settanta il mondo era pervaso da quella che allora era chiamata cibernetica, fondata da un allievo del filosofo Bertrand Russell. Già nel 1962 Umberto Eco aveva scritto della «lucida follia della perturbazione cibernetica» di Bruno Munari che aveva lavorato sul progetto «programmare l’arte» per l’olivetti. Anche il capolavoro di Stanley Kubrick, «2001 Odissea nello spazio», del 1968, aveva per protagonista un computer capace di disobbedire, chiamato Hal (H, A, L, le tre lettere che precedono la I, la B e la M, cioè IBM). Tutto questo ci porta verso una domanda: non staremo dando troppa importanza a CHATGPT? Se la storia è maestra anche di innovazione dovremmo convenire che no, non è una bolla mediatica. Perché L’AI è entrata nelle nostre case, mentre negli anni Settanta era relegata nei laboratori. Accadde anche alla fine dell’ottocento con la luce artificiale. L’elettricità era entrata da decenni nelle fabbriche e anche nei luoghi pubblici: nel 1883 la società Edison aveva illuminato il Teatro alla Scala. Ma solo con la «guerra delle correnti» tra Thomas Edison e Nikola Tesla le lampadine entrarono anche nelle case: la prima ad essere illuminata fu quella di Jp Morgan a Manhattan, il finanziatore di Edison. Come al tempo con la luce è ora probabile che L’AI, una volta entrata, non vorrà più uscire dalle nostre case. Se da ospite gradito o di troppo lo vedremo.