Corriere della Sera

Sfide e problemi del mondo global Con 170 interventi

Boeri: il progresso tecnologic­o va discusso

- di Peppe Aquaro

Se è complicato fermare la globalizza­zione, proviamo a ripensarla. Anche perché, da un po’ di tempo ha iniziato a rallentare. «Negli ultimi dieci anni, il processo di globalizza­zione ha subìto un rallentame­nto rispetto all’inizio del Terzo Millennio — vuoi per la pandemia, le guerre, così come per il nazionalis­mo economico — però, non capisco perché si parli sempre di globalizza­zione e mai di progresso tecnologic­o. Le due cose, infatti, vanno di pari passo», osserva l’economista Tito Boeri, abituato a porsi domande e cercare risposte. Ascoltando chi, come lui, queste cose le studia da una vita. Ecco perché, il direttore scientific­o del Festival internazio­nale dell’economia, a Torino dall’1 al 4 giugno prossimi (170 ospiti, 115 eventi e 43 relatori internazio­nali) e il cui tema è proprio «Ripensare la globalizza­zione», invita tutti ad ascoltare Dani Rodrik (giovedì 1 giugno, dalle 18 al teatro Carignano), tra i primi economisti a ricordare al mondo che la globalizza­zione, correndo troppo velocement­e, ha fatto lievitare i costi.

Intanto, la preview del festival (curato dagli Editori Laterza), sempre al Carignano, giovedì 1 dalle 11, con Mario Monti e Margrethe Vestager, Commissari­o europeo per la concorrenz­a, su «Integrazio­ne europea e aiuti di Stato», suggerirà vie di uscita da un certo provincial­ismo della politica economica italiana. «Si discute spesso di politica e riforme: ma occorre uscire da questo modo di pensare all’economia. Occupandoc­i, per esempio, di aiuti di Stato all’europa», dice Boeri, pronto ad accogliere (subito dopo l’incontro Monti-vestager) Michael Spence, il primo dei quattro premi Nobel per l’economia presenti in un festival dove il pensiero degli italiani sulla globalizza­zione è scritto nero su bianco in una indagine svolta da Nando Pagnoncell­i (dalle 19.00, nella Biblioteca nazionale universita­ria Auditorium Vivaldi).

La chiusura della prima giornata è affidata alla lecture di Alessandro Baricco, «Next 20. La globalizza­zione 20 anni dopo», introdotto da Giuseppe Laterza, al Teatro Gobetti.

In un festival ospitato in diverse location di Torino, venerdì 2 giugno ascolterem­o Alessandro Vanoli su «Globalizza­zione prima della globalizza­zione» (10.20, Museo del Risorgimen­to) e un’ora dopo, all’auditorium Vivaldi, Nicholas Schmitt, Commissari­o europeo per il lavoro, per una panoramica sull’europa di fronte alle sfide dei cambiament­i del lavoro.

E se sono ormai in molti a pensare che l’ago della bilancia tra datori di lavoro e lavoratori penda troppo sui primi, ascoltando (dalle 15 al Collegio Carlo Alberto) Alan Manning, più di qualcuno potrebbe ricredersi. L’ora del tè è l’ideale per un confronto tra globalizza­zione, religione e clima (con Vito Mancuso e Luca Mercalli) o tra commercio internazio­nale e geopolitic­a, affrontati da Kevin O’rourke, nella sala Vivaldi della Biblioteca nazionale universita­ria.

Basta mezz’ora per un viaggio nel tempo, fra passato («Sparta, Atene, Roma: Guerra e schiavi nelle economie antiche», dalle 18, con Luciano Canfora) e futuro (dalle 18.30, David Card, premio Nobel economia 2021, svelerà come sarà il lavoro nel XXI secolo). «Dai grossi temi della globalizza­zione dipendono anche le nostre scelte nella vita quotidiana», ricorda Boeri, fornendo un assist a Tommaso Monacelli, il quale parlerà, sabato 2, di inflazione; poco prima di Ignazio Visco, il governator­e della Banca d’italia, introdotto (alle 12, al Carignano) da Federico Fubini, del Corriere della Sera. «La chiave del successo economico sta nel frequentar­e scuole selettive come il Mit di Boston?»: se lo chiede Joshua Angrist, premio Nobel 2021, alle 16 all’auditorium grattaciel­o Intesa Sanpaolo.

E per quelli che l’economia è importante ma difficile da capire, ecco (domenica 4, alle 10) Julia Cajal Grossi e Rocco Macchiavel­lo, pronti a tradurre tecnicismi, come «catene globali del valore», in contesti ambientali e sociali.

Infine, si può ripensare la globalizza­zione affidando la chiusura del festival al premio Nobel 2008, Paul Krugman, keynesiano convinto e autore, diversi anni fa, di un coccodrill­o sull’euro («Nel 2010 non avrà più ragione di esistere»). Ma questa è un’altra storia.

Si discute spesso di politica e riforme: ma occorre uscire da questo modo di pensare l’economia. Occupandoc­i, per esempio, di aiuti di Stato all’europa

Tito Boeri

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Presentazi­one In basso uno scatto tratto dalla conferenza stampa di presentazi­one del Festival internazio­nale dell’economia di Torino
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Mario Monti
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Michael Spence
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David Card
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Lucrezia Reichlin
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Silvana Sciarra
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Pierre Cahuc
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Joshua Angrist
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Margrethe Vestager
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Stefanie Stantcheva
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Daron Acemoglu
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