Corriere della Sera

Il piano Inzaghi modello Benfica: attaccare subito e segnare il gol della tranquilli­tà

Il disgelo con Marotta «Penso che resterà»

- Paolo Tomaselli

Fra i tanti vantaggi che l’inter ha maturato in vista della semifinale di ritorno con il Milan c’è anche il fatto di aver già vissuto una situazione identica ai quarti contro il Benfica, dopo aver vinto 2-0 al Da Luz. Il risultato è scivoloso, nel senso che il margine è ampio e crea una zona di confort in una serata dove non è consentito alcun rilassamen­to. Perché basta un gol subìto per entrare in affanno psicologic­o. Quindi Simone Inzaghi ha ben chiaro il piano di atterraggi­o a Istanbul: ripartire davanti al proprio pubblico come se si cominciass­e da 0-0 e aggredire il Milan esattament­e come all’andata, quando sono bastati undici minuti per marcare la differenza, rimanendo con il rimpianto di non aver segnato il terzo gol. L’inter non vuole assolutame­nte trovarsi nelle scomode condizioni di dover rincorrere, anche se nelle ultime settimane di grazia ha vinto anche in rimonta, contro la Lazio, cosa che addirittur­a non le riusciva da fine gennaio a Cremona. In Champions la squadra di Inzaghi non ha subito gol sette volte su undici e — a parte le due sconfitte nette con il Bayern — è andata in svantaggio solo al Camp Nou, rimontando e poi facendosi raggiunger­e sul 3-3: è stata quella la sera che ha sbloccato l’inter nella prima parte di questa stagione così pesantemen­te condiziona­ta dal Mondiale e le ha dato quella autostima di cui Inzaghi ha parlato alla vigilia del derby. Fino a un altro 3-3, quello con il Benfica, il metodo Inzaghi ha funzionato per lo più in Champions e Coppa Italia, nelle partite senza un domani. Lo ha spiegato bene il vice Farris sabato sera: «Nei momenti peggiori, Simone ci ha detto di crederci». Semplice, spiegato così. Ma dove quasi tutti vedevano un muro l’allenatore vedeva un modo per scavalcarl­o. Altrimenti non si spieghereb­be come a ogni bivio l’inter abbia preso la strada che l’ha portata fino a qui, molto vicina alla finale di Istanbul. Anche perché in alcune occasioni (Barcellona all’andata, Porto al ritorno e Benfica all’andata) imboccare la strada sbagliata avrebbe potuto significar­e un esonero, perché una buona parte delle undici sconfitte in campionato hanno rischiato di incrinare il rapporto con la società. Inzaghi sabato era senza voce ma oggi sarà presente in conferenza stampa e sarà interessan­te capire come ha preso le parole pronunciat­e nei giorni scorsi dall’a.d. Marotta, che ha aperto a una riconferma dell’allenatore che ha un altro anno di contratto («Resterà? Penso di sì»), ha dato 7 alla stagione nerazzurra finora e ha anche ammesso «alcune colpe del management» nei frangenti di maggiore difficoltà, spiegando che alcuni momenti di durezza da parte sua sono stati necessari per

tirare fuori il massimo da Inzaghi e dai giocatori. Una specie di terapia d’urto per motivare un gruppo poco incline a trovare gli stimoli contro le cosiddette provincial­i, che alla fine ha fatto bene all’inter e al suo allenatore, uscito corazzato dai momenti più delicati, nei quali ha sofferto forse più del necessario anche per una certa mancanza di comunicati­va che finisce per penalizzar­lo e farlo mostrare in qualche modo remissivo quando invece non lo è. Tra le tante cose dette e scritte quella sicurament­e sbagliata riguarda il rapporto tra Inzaghi e la squadra. È vero che in alcune situazioni limite (come a Salerno) il tecnico sembrava smarrito per la sequela impression­ante di errori commessi dai propri attaccanti. Ma non è vero che aveva perso la presa sul gruppo, che del resto nelle grandi notti si è sempre ritrovato e anche nei pomeriggi peggiori ha sempre creato parecchio, senza tirarsi mai indietro. Figuriamoc­i se può farlo ora, a un passo da un viaggio che nessuno dei nerazzurri ha mai intrapreso in carriera.

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(Lapresse) Verso il derby Simone Inzaghi

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