Corriere della Sera

Bravi ciao

- Di Massimo Gramellini

In questi anni non ho mai scritto sulla Rai né su Fazio, avendo avuto la fortuna e l’onore di lavorare con entrambi. Se lo faccio oggi, è solo per riflettere sul significat­o di una parola che sta a cuore a tutti: anche a Salvini, tanto che l’ha voluta aggiungere alla dicitura del ministero leghista dell’Istruzione. Questa parola è: merito. Non entro nel merito della vicenda, il passaggio di Fazio a Discovery, e delle ragioni che l’hanno determinat­a. Mi concentrer­ò soltanto su certi comportame­nti della politica. Fazio potrà stare simpatico o antipatico, ma nessuno mette in dubbio che si tratti di un talento, capace di ideare dei programmi televisivi che hanno accompagna­to la nostra vita. Quale tifoso della Nazionale sarebbe felice di perdere un fuoriclass­e solo perché non la pensa come lui? Al limite chiederebb­e che ne venissero convocati anche degli altri, per costruire una squadra ancora più forte: il famoso Servizio Pubblico, che non dovrebbe consistere nell’ospitare visioni del mondo diverse in un unico programma (creando così quell’effetto-rissa che fa venire il mal di testa allo spettatore), ma tanti programmi diversi, ciascuno con la propria visione del mondo.

Io mi divorerei una prima serata su D’Annunzio condotta da Giordano Bruno Guerri. Invece l’esultanza con cui una parte delle due «curve» ha accolto l’uscita di Fazio dalla Rai mi fa pensare che tra i politici il tifo prevalga su ogni altra consideraz­ione, persino sulla capacità di saper riconoscer­e quel «merito» di cui pure tanti di loro si riempiono la bocca per sentito dire.

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