Le ragazze di Futura
Alice e la risalita dall’abisso «Ho un progetto e chi mi aiuta»
Hanno da 13 a 24 anni, vivono in zone degradate di Napoli, Roma e Venezia Save the Children, Yolk e Forum Disuguaglianze fanno rete per 300 di loro
Quando Alice immagina il futuro, racconta un po’ del suo passato: «Voglio fare la maestra d’asilo, stare coi bambini. Li vedo puri, non possono farti del male, con loro mi sento al sicuro». Lei, ad appena 22 anni, di bimbi suoi ne ha già due, e mentre parla, nel tinello alla periferia est di Roma, stringe al petto i loro pelouche, Topolino e Baloo, quasi a farsene scudo. Sul tavolo, «Dolore», di Zeluya Shalev, bel romanzo al femminile di vite frantumate e ricomposte. Come la sua: genitori problematici, adolescenza in casa-famiglia, fughe da scuola, l’ansia cattiva compagna di notti balorde, «mi sono lasciata andare». Fino al nuovo inizio, l’esame per l’ultimo anno di liceo, forse l’università, «sarò una educatrice», dice con la sua aria eterea da bambina che impara: «Prima di essere mamma devi essere donna… hanno investito su di me».
Elisa è il suo opposto, solida d’aspetto e di pensiero. Se Alice sembra la sorella dei suoi bambini, lei, a 17 anni, pare la madre dei suoi fratelli di 7 e 13 anni: tunisina trapianta a Marghera, papà tornato in patria, è lei che bada a loro quando la mamma è al lavoro, cioè quasi sempre. La biblioteca è il suo rifugio, «casa è un po’ rumorosa», ridacchia. Vuole scrivere, viaggiare, «ho tante idee di cui non vedo l’ora di parlare», è un’inviata speciale naturale, ha cominciato col giornalino di scuola, «mi vedo con un trolley in una mano e un libro in un’altra».
Una mamma bambina e una bambina madre, nomi di copertura per proteggerle ma due vere ipotesi di vita. Due su trecento. Tanti sono i percorsi immaginati da Futura, per ragazze e giovani donne tra i 13 e i 24 anni, tra le quali 50 mamme: un progetto pilota fino a dicembre 2024 su tre zone di forte disagio socioeconomico di Napoli, Roma e Venezia. Una sfida in un Paese dove due milioni di minori vivono in povertà relativa o assoluta e 870 mila ragazze e giovani donne sono Neet (acronimo per i giovani che non studiano, non si formano e non lavorano).
Il divario di genere è fatto di luoghi comuni e sottocultura violenta. La burocrazia pigra, poi, aggiunge i suoi carichi. Simona, 17 anni, ecuadoriana, è arrivata che non sapeva nemmeno chiedere alla prof il permesso di andare al bagno in italiano: «Così resistevo fino all’ora di inglese, allora mi capivano…». Nel suo basso napoletano a Porta Capuana ha sgobbato fino ad arrivare alla media del 9, aveva diritto a una borsa di studio ma senza permesso di soggiorno nessuno gliel’ha data. «Adesso mi aspetto che Futura mi liberi dagli ostacoli su cui sbatto ogni giorno». Trecento donne, trecento progetti disegnati su sogni e bisogni di ciascuna: libri, computer, abbonamenti ai mezzi pubblici, pagamento di rette scolastiche e palestre, corsi di formazione, voucher per generi di prima necessità, asili nido. Tre organizzazioni coi loro volontari, Yolk, Save the Children e il Forum Disuguaglianze e Diversità, hanno lavorato a contatto con associazioni di territorio e amministrazioni per selezionare gli obiettivi. Un budget di partenza di un milione e 700mila euro che tutti possono contribuire a implementare sulla piattaforma di raccolta fondi di Intesa Sanpaolo (www.forfunding.it/progettofutura). «Ho detto sì, appena Montezemolo mi ha parlato del progetto», sorride Carlo Messina (il Ceo con «la migliore reputazione online in Italia», vanta il sito di Intesa). «Non sono soldi a pioggia, ci sarà da seguire i progetti», spiega Luca Cordero di Montezemolo, regista non troppo dietro le quinte. Sua figlia Clementina, presidente di Yolk, parla di «talenti e aspirazioni» di quel 56% di ragazze Neet. Non un’opera di carità né un «corridoio umanitario» ma una sfida politica «da offrire ai decisori locali e nazionali», rilancia Andrea Morniroli, anima del Forum. Insomma, zero chiacchiere. Più dell’85% delle risorse è impiegato direttamente a beneficio delle giovani donne, ciascuna delle quali partecipa alla costruzione del proprio programma di crescita. E allora c’è posto per Fabiana e la sua chitarra, lezioni per «scrivere le canzoni che mi vengono in mente» (oltre ad accompagnarla al diploma). C’è posto per gli stage di atletica di Claudia, immigrata dalla Nigeria a Torpignattara e così forte nella corsa da vincere una gara regionale in sneaker (nel pacchetto ci sono anche vere scarpette da running, s’intende). Il sogno di tutti è rendere plausibili i sogni di ciascuna.
È una battaglia contro quegli stereotipi che, ad esempio, allontanano le ragazze dalle materie Stem, come se matematica o ingegneria fossero in appalto di cervelli maschili. Se la «povertà educativa» è il nemico da battere, come ricorda Claudio Tesauro, presidente di Save the Children Italia, l’autosegregazione formativa è la sua alleata più insidiosa. «Ti diranno che non sei capace, ma i limiti te li poni solo tu», ci sfida Simona, che da Porta Capuana sta scalando montagne di scetticismo. Nel 1927, a margine del congresso di Solvay, venne scattata una foto celebre: in posa, 28 scienziati (tra cui Einstein) e una sola scienziata, Maria Curie. Novant’anni dopo, nel 2017, l’Università di Trento l’ha riproposta a parti invertite: in posa, 28 fisiche italiane e un solo fisico. Ma a spezzare la catena dello svantaggio non basta ancora una bella immagine.