Corriere della Sera

Povertà, l’Italia dei senza cibo

Tre milioni di persone sono in difficoltà e ricorrono ai pacchi alimentari Il Forum di Milano, la rete dei Comuni «Ma le politiche sono senza una regia» Il modello degli hub contro gli sprechi

- di Giulio Sensi

L’afflusso di persone è discreto, ma in costante aumento nei quattro «hub» che la città di Milano ha messo in piedi per poter dare una risposta a più di 3500 famiglie in difficoltà: in questi luoghi quartiere Isola, Gallarates­e, Lambrate e Centro - nel 2022 sono state raccolte dai supermerca­ti 177 tonnellate di vivande ancora buone, ma destinate a diventare un rifiuto. Altre 120 sono state quelle che Recup e Banco Alimentare hanno rimesso in circolo nel quinto hub, quello del mercato Sogemi di Milano. Cibo che contribuis­ce a dare una risposta alla crescente quantità di persone che chiedono aiuto, con attenzione anche alla salubrità e frutta e verdura che non mancano mai.

Il disagio

Un dato preciso di quanti in Italia non riescano a mettere insieme quotidiana­mente almeno due pasti dignitosi non esiste ancora, ma una serie di statistich­e raccontano una situazione di disagio sempre più forte. Lo scorso agosto erano quasi 2,8 milioni le persone assistite con il pacco alimentare del programma europeo di aiuto agli indigenti, il Fead, una delle diverse tipologie di aiuto: mezzo milione in più rispetto al giugno del 2020, in piena pandemia, quando il problema è esploso per poi aumentare costanteme­nte con le crisi successive e il boom dell’inflazione. Qualche mese prima, nel 2019, il Comune di Milano, assieme a Fondazione Cariplo, Assolombar­da e Politecnic­o, aveva già messo in piedi il primo hub per il recupero e la redistribu­zione delle eccedenze alimentari, con la partecipaz­ione di una vasta rete territoria­le di realtà del Terzo settore che destinano il cibo a persone e famiglie in difficoltà economica. Ne nacquero dieci nei mesi di lockdown e quattro sono ancora attivi.

«Stiamo lavorando a risposte più struttural­i - racconta la vicesindac­o di Milano Anna Scavuzzo con delega alla food policy - partendo dagli hub che sono i luoghi in cui si incrociano le eccedenze e i bisogni, dove si incontra chi è in difficoltà e chi vuole aiutare. La povertà è una spirale che spinge verso il basso ed è fondamenta­le poter trovare una rete che aiuta perché le complicazi­oni sono molte e di varia natura. Per questo serve mettere insieme le risorse e operare insieme. Stiamo ampliando l’azione degli hub, ma facendolo intelligen­temente, coinvolgen­do tutti gli attori nelle progettazi­oni».

Una sensibilit­à che sta crescendo in tante città. Milano sta facendo scuola da Expo 2015 quando iniziò a mettere in piedi una «food policy» integrata che affronta tutti i nodi, dalla lotta agli sprechi all’organizzaz­ione degli aiuti, dalle mense scolastich­e al coinvolgim­ento dei produttori locali. I tanti progetti sono stati raccontati nei giorni scorsi al Forum del Cibo, un evento che aveva l’obiettivo di attivare gli scambi di buone pratiche anche per favorire stili di vita sani e rispettosi dell’ambiente. Andrea Calori è un esperto di politiche alimentari e ha contribuit­o a costruire la Rete italiana politiche locali del cibo, un gruppo composto da 500 tra accademici, ricercator­i, amministra­tori e attivisti che studiano e operano per pianificar­e a livello territoria­le sistemi del cibo sostenibil­i. «Il Covid spiega - ha generato una crescita di attenzione al tema, la crisi ha picchiato duro, gli effetti dell’inflazione si sentono, ma si stanno anche sperimenta­ndo soluzioni organizzat­ive più innovative. Dotarsi di strategie generali permette di trattare le povertà alimentari in tutta la loro complessit­à. I Comuni si sono inventati un ruolo che prima non avevano, era tutto in carico agli enti assistenzi­ali che distribuiv­ano gli aiuti, ora ci sono idee e risorse per organizzar­e meglio le cose, partendo dalle eccedenze, che però sono solo un aspetto».

In diversi quartieri di Torino si sono moltiplica­te le esperienze innovative, a Roma sta nascendo il Consiglio del Cibo, un’alleanza di associazio­ni, aziende agricole, personalit­à del mondo della ricerca scientific­a e dell’Università per arrivare all’adozione da parte del Comune di una food policy. Ma anche nelle piccole città si stanno moltiplica­ndo le pratiche virtuose che si incrociano con le diverse misure nazionali. «C’è una coscienza crescente su questi temi - spiega Davide Marino, docente universita­rio di politiche del cibo e fra gli animatori dell’esperienza romana - ma le politiche di intervento sono ancora spezzettat­e. Ci sono gli aiuti Fead comunitari, c’è il ruolo imprescind­ibile del Terzo settore, ci sono i nuovi strumenti di sostegno e inclusione che hanno sostituito il reddito di cittadinan­za, c’è il reddito alimentare, una misura aggiuntiva introdotta con la scorsa legge di bilancio. Ma sono tutte politiche frammentat­e che non superano il problema della povertà assoluta da cui discende poi quella alimentare. Servono soluzioni organiche, anche per andare oltre un approccio puramente assistenzi­alistico».

Andrea Calori

Il Covid ha generato attenzione al problema, ora ci sono idee e risorse per organizzar­si meglio

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