Corriere della Sera

«La memoria dei moti cilentani, vittime e carnefici»

- Giuseppe Galzerano

Il Cilento non dimentica le nefandezze del ministro Nicola Intonti. Il 14 luglio 1828 elogia il maresciall­o Francesco Saverio Del Carretto per aver bruciato Bosco. Lo approva quando minaccia di demolire la casa del canonico Antonio De Luca. Approva le torture inflitte al francese Conduché di Pisciotta accusato di far parte dei Filadelfi. Il 4 agosto invita Del Carretto ad evitare le esecuzioni capitali nei giorni di festa, fissandole in altri giorni. Il brav’uomo voleva solo spostarle...

Quando Antonio Galotti , catturato in Corsica, dove si era rifugiato, giunge a Napoli, lo sottopone a un duro e lungo interrogat­orio. Nonostante le sevizie, non parla ed è affidato a Raffaele Cordellino, direttore del carcere di S. Maria Apparente, famoso per i tormenti che applicava ai detenuti politici. «Il miserabile» — lo definisce Galotti nelle sue Memorie — per ordine del ministro, lo rinchiude in una cella buia e lo sottopone a terribili pestaggi e ricorda: «chiuso in una cella la più oscura. Quando mi tolsero le manette, che mi avevano lasciato durante tutto l’interrogat­orio, i miei pugni erano talmente chiusi, che non sentivo la mia mano». Intonti assicura che in carcere sta con due spie, che si fingono detenuti per strappargl­i rivelazion­i.

La notizia delle sevizie valica i confini del regno di Napoli. Dalla Grecia la spia Francesco Felice Piccotti riferisce che i componenti la società segreta Grande Società Rigeneratr­ice, riunitisi di notte a Micene, sulla tomba di Agamennone, hanno giurato di uccidere Intonti e consiglia: «Sappiate che deve ben guardarsi».

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