LOTTA AGLI SQUILIBRI «SERVONO I GIOVANI»
IL NOBEL YUNUS: I RAGAZZI NON SONO DEI PASSEGGERI
«La civiltà che abbiamo costruito ci sta distruggendo. C’è una sola soluzione, cambiare velocemente direzione lavorando per creare un mondo a tre zeri, zero emissioni inquinanti, zero concentrazioni della ricchezza e zero disoccupazione».
Niente mezze misure per Muhammad Yunus, economista e banchiere bengalese, ma soprattutto padre del microcredito moderno e premio Nobel per la pace nel 2006. Di fronte all’accelerazione della turbo-finanza che brucia capitali e allarga la forbice delle disuguaglianze socio-economiche, di fronte alle titubanze di buona parte delle potenze industriali nell’adottare misure drastiche di contenimento dei gas serra, di fronte alle barriere erette dalle economie avanzate per tentare di arginare le grandi ondate migratorie, Yunus contrappone la potenza creativa, poietica, dell’individuo. «Dobbiamo cambiare noi stessi per cambiare il mondo. Ogni singola persona sul pianeta contribuisce a tutti e tre questi megaproblemi, consapevolmente e inconsapevolmente, in maniera minuscola o gigantesca. Dobbiamo riconoscere che se portiamo il nostro contributo individuale a zero in ciascuno di essi – disoccupazione, povertà e riscaldamento globale – possiamo creare un mondo a tre zeri» ragiona l’economista che domenica 28 maggio alle 12 sarà nella sala del Palazzo della Provincia di Trento, nella 18esima edizione del Festival dell’Economia, per parlare, appunto, di sostenibilità e sviluppo economico.
Non è la prima volta che Yunus è presente in Italia. Lo scorso novembre aveva infatti partecipato a Torino al Global Social Business Summit, il vertice mondiale itinerante da lui stesso fondato nel 2009 per riunire la comunità del social business, dalle Ong alle università fino alle aziende impegnate nel sociale. La missione è quella di raggiungere gli under 35 che secondo l’economista sono gli unici ad avere una chance concreta di interrompere la corsa verso la distruzione dell’ecosistema. «I giovani — spiega — devono prendere il controllo del pianeta, perché non sono dei passeggeri su questa astronave, sono i piloti».
Era il 1976 quando Yunus inaugurò la Grameen Bank, prima banca al mondo a effettuare prestiti ai più poveri tra i poveri basandosi non sulla solvibilità, bensì sulla fiducia. Da allora l’istituto, che è diventato un modello anche per altre esperienze simili, ha erogato più di 5 miliardi di dollari a oltre 5 milioni di richiedenti, in grande maggioranza donne. Per garantirne il rimborso, la banca si serve di gruppi di solidarietà, piccoli cluster informali destinatari del finanziamento, i cui membri si sostengono vicendevolmente negli sforzi di avanzamento economico individuale e mantengono la responsabilità solidale per il rimborso del prestito.
La nuova sfida, però, oggi si chiama 3Zero Club e si rivolge proprio ai giovani: «L’impegno dei membri del club — prosegue lo studioso — è quello di trasformarsi in persone “tre zero”, portando a zero il contributo di ciascuno alla disoccupazione, alla povertà e al riscaldamento globale. Dobbiamo continuare a lavorare su tutti i fronti, su quello imprenditoriale, su quello intellettuale e su quello governativo per rendere più interessante la creazione e l’investimento nelle imprese sociali».
Una lettura che ha molto in comune con quella dell’economista francese Thomas Piketty, fra i primi una decina di anni fa a porre l’accento sul processo di concentrazione della ricchezza patrimoniale: «L’attuale quadro economico — ragiona Yunus — presenta una evidente tendenza a spingere la ricchezza verso l’alto: un meccanismo che, inoltre, viene riconosciuto come sinonimo
” Responsabilità
Dobbiamo cambiare noi stessi per cambiare il mondo. Ogni persona contribuisce ai problemi
” Chiamata all’attivismo
I giovani adesso devono prendere il controllo del pianeta, perché non sono dei passeggeri ma i piloti
di successo. L’altra faccia della medaglia, tuttavia, è che una fascia sempre più ampia di persone, la stragrande maggioranza potremmo dire, rimane completamente esclusa da questo meccanismo». E qui Yunus fa la sua proposta: «Si tratta di un risultato ottenuto grazie alle caratteristiche strutturali del sistema in cui viviamo, non di un suo fallimento. Per annullare la concentrazione della ricchezza dobbiamo quindi costruire un nuovo sistema che inverta il processo: cioè che porti e tenga sempre unite le persone e la ricchezza, e non crei un processo di continua distanza l’una dall’altra. L’inclusione del concetto di social business nel quadro economico sarà l’inizio di questo processo. Il quadro attuale non rappresenta la natura umana. È un sistema innaturale e artificiale. La natura umana si basa sulla condivisione e sulla cura, non sul possesso».