IL PROGETTO DEL CARROCCIO FA LITIGARE LA COALIZIONE
La bozza uscita dall’ufficio tecnico del Senato sulle pecche della riforma sull’autonomia regionale differenziata voluta dalla Lega ha aperto una polemica velenosa. Ma non tanto e non solo tra il partito di Matteo Salvini e le opposizioni: quella era prevedibile e scontata. A sorprendere sono le accuse neppure troppo larvate che i leghisti hanno rivolto agli alleati, non escludendo che «una manina» abbia fatto filtrare il testo per stracciare la «bandiera» del leghismo. Indiziati: il partito di Giorgia Meloni ma anche i berlusconiani.
Non a caso sono stati esponenti di FdI a replicare alle accuse del capogruppo alla Camera, Massimiliano Romeo, per respingerle al mittente. Ma in generale, l’incidente è stato accolto da un silenzio tombale. Pochissimi, a destra, si sono esposti per confortare la Lega, che col ministro Roberto Calderoli e col presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha puntato il dito contro «la burocrazia parlamentare che si arrocca». L’episodio potrebbe essere derubricato come un pasticcio senza strascichi, anche perché il Senato ha teso a minimizzarlo.
Ma non è bastato. È come se quelle critiche avessero dato voce a una perplessità diffusa e trasversale esistente nella maggioranza. Al di là delle posizioni ufficiali di appoggio all’autonomia regionale fortemente spinta da Salvini e Calderoli, c’è grande freddezza tra gli alleati. Il timore è che per inseguire una legge considerata rischiosa per l’unità del Paese, la Lega regali un tema elettorale agli avversari: in particolare nel Mezzogiorno, ma non solo. Il ministro per le Riforme, Maria Elisabetta Casellati, ha cercato di dire che in fondo si tratta solo di prevedere «una migliore allocazione delle risorse».
Troppo poco, di fronte a una protesta montante; e legittimata dall’analisi formalmente tecnica e dunque senza venature politiche filtrata dal Senato. Rimane l’irritazione, per usare un eufemismo, di una Lega sospettosa; e decisa a capire se si tratta di una manovra alleata per affossare una riforma come minimo controversa. Se si consolidasse questa lettura, si potrebbero avere contraccolpi sul sistema presidenziale voluto invece dalla premier Meloni.
Il Carroccio ha sempre parlato di contestualità tra i due progetti: se cade uno, cade anche l’altro. Difficile fare previsioni. Ma da una parte l’inesperienza, dall’altra la fretta fanno affiorare una certa difficoltà anche nella redazione materiale delle leggi. I rilievi arrivati ieri dalla Ragioneria generale sul decreto del governo che metteva insieme salute e bollette ne sono l’ultimo esempio. Sembrano quasi un monito a preparare l’eventuale riforma della Costituzione in modo adeguato.
Nella maggioranza
Di fronte all’irritazione dei leghisti per le critiche filtrate dal Senato colpisce il silenzio del partito della premier e dei berlusconiani