«Sciolto nell’acido per un flirt» Il caso risolto dieci anni dopo
Napoli, frequentava la moglie di Giovanni Licciardi: figlio del boss. Fu punito dal suo clan
Salvatore Esposito, che gli amici chiamavano Totoriello, sparì dalla circolazione la sera del 27 settembre del 2013. Mai più trovato, mai più nemmeno una traccia. E siccome Totoriello, classe 1975, era uomo del clan Licciardi, il più potente della Camorra napoletana, e aveva ricoperto incarichi di estrema fiducia, non ultimo quello di fare da autista a Giovanni Licciardi, figlio del boss Gennaro, si pensò subito a un caso di lupara bianca. In effetti lo fu, però a condannare a morte Esposito non furono camorristi rivali, ma gli stessi per i quali lavorava. Che lo punirono perché, quando Giovanni finì in carcere, Salvatore ebbe una relazione con la moglie di quello che era il suo capo.
Sembra una storia presa pari pari da una puntata della seconda serie di Gomorra, quando Scianel (personaggio tra l’altro ispirato proprio a Maria Licciardi, che ereditò il comando del clan dal fratello Gennaro) fa uccidere il proprio autista perché ne ha scoperto gli incontri con la moglie del figlio che è detenuto. Ma gli sceneggiatori della serie non copiarono affatto, perché la puntata risale al 2016 e il destino di Salvatore Esposito è stato invece ricostruito solo di recente dai carabinieri del Ros che ieri, insieme a quelli del comando provinciale di Napoli, hanno arrestato tre persone ritenute dalla Direzione distrettuale antimafia — che ha ottenuto dal gip le ordinanze di custodia cautelare — gli esecutori materiali dell’omicidio ordinato, così come ha confessato un pentito, direttamente dai Licciardi.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Salvatore Esposito si consegnò ai suoi assassini senza immaginare quello che gli sarebbe successo. Lo invitarono a seguirli con una scusa e solo quando si trovò in una zona isolata di Chiaiano, un quartiere periferico di Napoli, capì di essere finito in trappola. Gli spararono e il suo corpo fu poi sciolto nell’acido. Per fare questo i Licciardi si affidarono ai Polverino, eredi dei Nuvoletta, e cioè della famiglia camorristica di Marano da sempre legaacquisito ta a Cosa Nostra e in particolare ai corleonesi di Salvatore Riina.
Proprio da quelli di Cosa Nostra gli affiliati al clan Nuvoletta, e quindi anche i Polverino, avevano appreso come utilizzare l’acido per fare in modo che di un corpo non restasse più niente. E avevano una considerevole esperienza se il primo caso in cui i siciliani istruirono i maranesi fu nel 1984, quando con il ricorso all’acido furono fatti sparire cinque appartenenti al clan Bardellino, all’epoca rivale dei Nuvoletta. Una strage per la quale molti anni più tardi — nel 2008 — fu definitivamente condannato come mandante anche lo stesso Riina.
L’indagine del Ros sulla morte di Salvatore Esposito ha avuto bisogno di numerose attività investigative per ottenere riscontri su quanto riferito dal collaboratore di giustizia. Quest’ultimo, infatti, non apparteneva al clan Licciardi ma a quello dei Polverino, quindi della vicenda conosceva la dinamica, soprattutto per il ricorso all’acido, ma non sapeva il nome della vittima. Sono state ripescate e riascoltate vecchie intercettazioni raccolte nell’ambito di altri procedimenti. E alla luce dei nuovi elementi acquisiti, i carabinieri hanno potuto dare una inedita interpretazione ad alcune conversazioni e ricostruire i dettagli dell’omicidio di Totoriello.