Corriere della Sera

«Davanti ai guai dei clienti piango con loro e li abbraccio Tra Al Bano e Romina il divorzio più sanguinoso»

Annamaria Bernardini de Pace: lasciai mio marito perché ogni mercoledì scommettev­a e perdeva soldi

- Di Candida Morvillo

Avvocato Anna Maria Bernardini de Pace, il primo divorzio che ricorda? «Il mio. Mi ero sposata col mio professore di Diritto Romano nel ‘70, a 22 anni. Ero uscita di casa con una dote di 60 milioni di lire e, follia massima, scelsi la comunione dei beni».

Perché follia? Che fine fece la sua dote?

«Avevamo avuto due figlie, io cercavo una casa più grande e scoprii che non avevamo più soldi perché lui aveva comprato una scuderia di cavalli e passava i mercoledì a scommetter­e e perdere soldi. Io ero innamorati­ssima e rimasi così delusa che decisi di lasciarlo all’istante, solo che non potevo mantenere le bimbe, perciò tornai all’università, mollata con cinque esami, mi laureai e poi divorziai. Senza chiedere una lira». Suo marito come la prese? «Le dico solo che feci 18 esami fra il ‘76 e il ‘78 e lui telefonava ai suoi colleghi per farmi bocciare».

Nel ’68 dei movimenti di contestazi­one giovanile, lei aveva vent’anni: come le era venuto in mente di sposarsi e fare solo la mamma?

«Ho sempre fatto il contrario di quello che facevano tutti. Mio padre mi aveva educata alla libertà anche come coraggio di pensarla diversamen­te dagli altri. Così, fra amiche tutto sesso e rock and roll, io per avere “la prima volta” aspettai i 21 anni. Ed ero quella che manifestav­a con le femministe, ma aveva un marito molto fascista, che accettavo per rispetto della libertà altrui. Dopo, però, ho dormito per quindici anni con un comunista».

Che bambina è stata?

«Cresciuta presto. Sono la più grande di quattro fratelli, papà era pretore, mamma insegnava e usciva alle otto, io, a quattro anni, andavo all’asilo portando con me i tre più piccoli. A sei, preparavo il pranzo per tutti. Ero molto responsabi­le. E mi sono sentita molto amata da papà, mentre i rapporti con mia madre erano più difficili».

Difficili perché?

«Per gelosia: eravamo tutte e due innamorate dello stesso uomo, cioè mio padre. Una volta, le risposi male e lei mi tagliò in un sol colpo le due trecce. Continuò a punirmi anche da grande perché non voleva che divorziass­i: per lei, bisognava avere un solo uomo. Per cui, quando poi ebbi un compagno mi vietò di usare la sua casa di Porto Cervo».

I suoi modelli femminili quali erano?

«Il primo, ridicolo, Cenerentol­a, perché vidi il film con papà, e quando lei pianse, lui disse: vedi come piange bene? Non è sgraziata».

E lei piange?

«Sempre. Se vedo C’è posta per te e se i clienti mi raccontano i loro problemi».

Lei, che ha la fama di essere la divorzista più feroce d’Italia piange con i clienti?

«Piango e li abbraccio tutte le volte che percepisco il bisogno di calore umano».

Però ha fama di essere arrogante e burbera.

«Lo sono. Ma perché preferisco dire la verità, per cui sono diretta e non ipocrita».

Alla fine, fa la matrimonia­lista per reazione al suo divorzio?

«Semmai per un trauma infantile. I miei erano autorevoli e autoritari e io ero ribelle. Da noi, a tavola, si doveva mangiare tutto e a me, facevano schifo i piselli. Un giorno, al quarto “non li voglio”, papà mi diede uno schiaffo. Lì è nato il mio spirito di difesa dei bambini. Nei divorzi, mi pagano gli adulti, ma difendo i bambini. Ho mandato via dei clienti perché usavano i figli contro il coniuge».

Una a cui rinunciò fu l’attrice Rosanna Schiaffino nel burrascoso divorzio da Gior

gio Falck.

«Fu una causa importante, vincemmo ai massimi: ottenemmo la casa di Milano e un assegno notevole. Quando si trattò di seguire l’affidament­o del figlio, preferii farmi da parte».

Con Francesco Totti perché si è fatta da parte?

«Di questo non parlo».

Qual è il divorzio celebre più sanguinoso che ha seguito?

«Quello di Romina Power e Albano. Si erano conosciuti giovanissi­mi, si erano amati tantissimo, poi erano emerse le differenze tra la mentalità americana e quella del Sud Italia. Però, furono bravi a preservare i figli».

Perché, da Francesca Fagnani, a Belve, ha detto che c’è chi la vuole morta?

«Perché spesso ricevo minacce dai coniugi dei miei clienti. Ho pure trovato una bomba sulla porta di casa. Da anni, esco soltanto accompagna­ta».

In 40 anni di profession­e, come ha visto cambiare la giurisprud­enza sui divorzi?

«Il principio del tenore di vita fu introdotto grazie a una mia battaglia negli anni ‘80. Poi, due anni fa, è stato tolto dalla Cassazione, giustament­e, perché le donne non sono più il sesso debole. E, ai miei inizi, il tradimento era considerat­o motivo di addebito di colpa, qualcosa di sconvolgen­te. Oggi, invece, è una cosa di cui non frega niente a nessuno. Anzi, io ho introdotto il principio del tradimento “per legittima difesa”, che piace molto».

A quanto ammonta l’assegno più alto ottenuto?

«A centomila euro al mese. Netti».

Si può dire che fu lei a innescare Tangentopo­li?

«Io e Antonio Di Pietro. Difendevo la moglie di Mario Chiesa: lui voleva tagliarle l’assegno. Trovai conti per 50 miliardi di lire, intestati a persone le cui iniziali componevan­o sigle di partiti, tipo Dc, Psi… E portai tutto in Procura, dove c’era un’indagine aperta. Il primo a essere arrestato fu Mario Chiesa. E io ebbi minacce, finii sotto protezione».

Ora, è l’avvocato della premier Giorgia Meloni?

«Ho scritto solo una lettera, ho protetto una bambina di cui era stato pubblicato il volto e che non poteva andare a scuola perché era stalkerizz­ata dai fotografi».

Chi fu il suo primo cliente famoso?

«Ornella Vanoni, ma su una causa, vinta, per diritto d’immagine. All’inizio mi occupavo di quello e soprattutt­o di contratti musicali. Passai ai divorzi grazie a Indro Montanelli: vide una mia lettera nella posta dei lettori del Corriere, mi offrì una rubrica sul diritto di famiglia e mi suggerì di specializz­armi in quello».

La cosa di cui va più fiera? «Essermi fatta da sola e pagare trenta stipendi al mese. E avere due figlie stupende».

Riscrivere­bbe la lettera al «genero degenerato»?

«Giuro che non era rivolta a mio genero Raoul Bova. L’avevo mandata al Giornale l’anno prima, quando lui e mia figlia Chiara non stavano ancora divorziand­o. Slittava dall’estate precedente».

Dopo il marito fascista e il compagno comunista, al momento, è single?

«Non ho nessuno in casa da 15 anni, però ho una serie di amanti, fidanzati, prospettiv­e e decido io il quando e il come. In ogni caso, li scelgo solo più giovani. Un vecchio come me sarebbe insopporta­bile».

Ha 75 anni, quando andrà in pensione?

«Riposarmi non fa per me. Sono una che non si ferma mai e non si lamenta mai. Ho affrontato tredici operazioni, non mi chieda per cosa, e non mi sono mai lamentata».

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Avvocato Annamaria Bernardini de Pace, 75 anni, avvocato esperta di diritto di famiglia e della persona. È anche giornalist­a e saggista
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Con le figlie Annamaria Bernardini de Pace con le figlia Chiara (a sinistra) e Francesca (a destra)

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