SANZIONI A MOSCA, SERVE UNA NUOVA GOVERNANCE
Janet Yellen non è per niente soddisfatta delle sanzioni imposte alla Russia. La Segretaria al Tesoro americana ha sollevato con forza il problema nel G7 dei ministri finanziari, che si è tenuto dall’11 al 13 maggio a Niigata, in Giappone. In particolare Yellen ha richiamato l’attenzione sulla capacità dei russi di aggirare l’embargo petrolifero, puntando sulle triangolazioni con i Paesi che non applicano le sanzioni, o addirittura su forme di contrabbando gestite da flottiglie fantasma, difficili da identificare. Secondo le stime sarebbero circa 600 le navi che trasportano, soprattutto nel Mediterraneo, greggio russo o prodotti derivati, aggirando i rispettivi divieti disposti dalla Ue il 5 dicembre 2022 e il 5 febbraio 2023.
Yellen ha annunciato che presenterà un piano per chiudere i canali alternativi dei commerci con la Russia. Non basta. Secondo le indiscrezioni, Joe Biden proporrà ai partner del G7 a Hiroshima un’altra ondata di sanzioni per colpire le produzioni russe, con poche eccezioni, come l’agricoltura. Le sanzioni colabrodo stanno agitando anche il confronto politico nella Ue, dove è allo studio l’undicesimo pacchetto di restrizioni nei confronti di Mosca. Americani ed europei, per altro, stanno collaborando intensamente. Il 26 aprile scorso gli esperti del Tesoro americano si sono scambiati informazioni e hanno concordato nuovi metodi di indagine con i colleghi della Commissione europea (Direzione generale per la stabilità finanziaria).
Negli ambienti diplomatici, però, sta maturando la convinzione che l’approccio tecnicoeconomico non basterà per mettere Vladimir Putin con le spalle al muro. Perché questo, va ricordato, era l’obiettivo di Joe Biden.
Questi quindici mesi di guerra, però, hanno dimostrato che il problema di fondo è politico. Anche le restrizioni apparentemente più drastiche sono destinate a fallire o ad avere un impatto limitato se non sono sorrette da una governance internazionale. Il G7, evidentemente, non basta. Stati Uniti e Ue non sono riusciti a tirarsi dietro il G20, naturalmente al netto dell’opposizione di Russia e di Cina. Non ce l’hanno fatta a coinvolgere politicamente Stati come la Turchia, l’India, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, il Brasile, il Sudafrica, la Malesia e tutte le ex Repubbliche sovietiche, a cominciare da Kazakistan e Armenia.