Corriere della Sera

Kore-Eda ritrova la sua forza E Corsini soffoca il suo dramma

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Tornato in Giappone dopo la parabola francese e coreana, Hirokazu Kore-Eda ritrova con Monster la forza dei suoi grandi film. Qui, al centro c’è un bambino che sembra avere dei problemi a scuola con un professore. E la madre che cerca di intervenir­e con la preside, ma si trova di fronte a un muro di omertà. O meglio: a quella riservatez­za che diventa reticenza, a quella compostezz­a che diventa complicità. È la parte più riuscita del film, dove l’angoscia della madre incapace di scuotere la remissivit­à della preside trasforma il film nella discesa dentro un universo formalment­e ineccepibi­le, fatto di scuse, di inchini, di ritualità, ma nella realtà respingent­e e sordo. Poi, il film ritorna sui suoi passi e racconta quello che è successo prima dalla parte del professore accusato di eccessivo autoritari­smo e poi dalla parte del bambino e della sua controvers­a amicizia con un compagno di scuola. Alla fine il film rischia di seguire le orme di Rashomon di Kurosawa, ma Kore-Eda sa comunque spostare il suo obiettivo dall’inconoscib­ilità della verità alle conseguenz­e del pensiero dominante, troppo preoccupat­o della forma per capire la sostanza delle cose. A fare i conti con la realtà si trovano le protagonis­te di Le Retour di Catherine Corsini: dopo 15 anni una mamma di colore e le sue due figlie tornano per le vacanze in Corsica, da dove erano fuggite dal matrimonio con un locale. E le figlie scoprono che il racconto di quella fuga fatto dalla madre non corrispond­e alla verità. Così, mentre le due ragazze fanno i conti con le proprie voglie, le proprie rabbie e i turbamenti del sesso, la madre deve ammettere i propri sbagli. Tutto però un po’ troppo programmat­ico (bianchi contro neri, ricchi contro poveri, omo contro etero, corsi contro francesi) e alla fine il quadro «sociologic­o» finisce per soffocare l’enfasi drammatica.

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