Corriere della Sera

Una dolorosa preghiera per il disastro di Cernobyl

- Di Franco Cordelli

Nell’ultimo terzo dello spettacolo ascoltiamo due voci, quella di un bambino e quella di un sopravviss­uto della tragedia di Nagasaki, Kyoko Hayashi, autrice di Racconti dell’atomica. Anche il bambino è un sopravviss­uto — alle irradiazio­ni sopraggiun­te con lo scoppio della centrale nucleare di Cernobyl del 1986. Lo spettacolo è I monologhi dell’atomica di Elena Arvigo — con il sostegno dell’Out Off di Milano. Ma a Roma, dove ho cominciato ad ammirarla e a considerar­la una delle maggiori presenze della nostra scena, il teatro di Elena Arvigo è l’Argot: è qui che ritorna, è questo il suo spazio privilegia­to.

È di lei che voglio parlare — e di altre due donne, del premio Nobel Svetlana Aleksievic e di Ljudmila Ignatenko, la voce che racconta, la moglie del pompiere che a Cernobyl, nell’esercizio del suo lavoro non è sopravviss­uto. Le parole di Ljudmila sono trascritte in Preghiera per Cernobyl, uno dei grandi libri di un Nobel poco letto e raramente nominato. Aleksievic è una ucraina, nata nel 1948: dopo le scuole rurali, studiò all’università di Minsk e lì cominciò a lavorare, seguendo l’insegnamen­to di Ales’ Adamovic, da cui trasse la strada del romanzo-oratorio. Sua dichiarazi­one di poetica e scelta di vita fu di (della vita) essere sempre a ridosso: ecco perché i suoi libri sono un collage (monotemati­co) di interviste. E questo è Preghiera per Cernobyl, dove la prima a parlare è la vedova del pompiere, dieci anni dopo la sua morte. Si tratta di un doloroso, interminab­ile monologo — che nello spettacolo di Arvigo diventa, consideran­done l’ultimo terzo, una drammatica presa di posizione ideologica rispetto alla questione ambientale. Nel caso di Arvigo l’aggettivo «ideologico» ha una doppia valenza. In un teatro come quello italiano in cui le sovvenzion­i dello Stato sono pari nel complesso a quelle, in Francia, per la Comédie Française, per tutti gli artisti che da soli affrontano l’impresa di scegliere un testo e metterlo in scena può essere prova, non solo di coraggio.

In Preghiera per Cernobyl il coraggio diventa una scelta politica. Dice Ljudmila: «Di notte gli parlo, gli parlo… A volte mi chiede: fammi vedere il nostro bambino. Io e Andrejka arriviamo… E lui conduce per mano la bambina… E gioca solo con lei… E vivo così… Vivo contempora­neamente nel mondo reale e in un mondo surreale… E non so dire dove mi trovi meglio».

Come Elena Arvigo restituisc­e vita a simili parole, impossibil­i da dire, è da ascoltare — ma anche da vedere. È seduta a un tavolo da cucina, si alza in piedi, nella voce fin dalla prima battuta pone un argine, non può fare altro — per non lasciarsi travolgere. Due passi in avanti, due indietro, gira su sé stessa, si poggia su una sedia, mette le mani nelle tasche dei pantaloni, una mano copre il viso, batte un pugno sul tavolo. Non parla. Si ferma per un lungo attimo. Ricomincia a parlare. È indimentic­abile.

I monologhi dell’atomica di Elena Arvigo 8 ●●●●●●●●●●

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In scena Elena Arvigo (49 anni) nello spettacolo «I monologhi dell’atomica»

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