Corriere della Sera

Veleni e malori: ambasciato­re Usa nel mirino

II caso dell’ex capo missione in Ucraina e di alcune attiviste russe. La pista degli 007 di Mosca

- Fabrizio Dragosei

I servizi segreti di Putin non sembrano disposti ad abbandonar­e i tentativi di avvelenare oppositori e critici ricorrendo a tossine sviluppate negli anni dai laboratori messi in piedi durante la guerra fredda. Un sito investigat­ivo russo molto autorevole, Agentstvo, ha scritto che negli ultimi tempi almeno quattro giornalist­i e esponenti politici hanno subito questa sorte. Che sarebbe pure toccata a John Herbst, ex ambasciato­re americano in Ucraina e attuale dirigente di un importante centro di ricerca politica.

Sia l’ex ambasciato­re che due giornalist­e coinvolte hanno confermato le notizie di Agentstvo: in tutti i casi gli episodi si sono verificati in Europa e non a Mosca. Se fossero provati gli avvelename­nti, significhe­rebbe che agenti dell’Fsb, il servizio interno, o del Gru, lo spionaggio militare, continuano imperterri­ti ad agire nelle capitali del Vecchio Continente. Herbst, che secondo un comunicato dell’Atlantic Council ora sta bene, si era sentito male nell’aprile del ’21 con sintomi «compatibil­i con un avvelename­nto». Analisi eseguite successiva­mente sia dai medici che trattarono l’ambasciato­re che dall’Fbi non sono però riuscite a trovare sostanze che avrebbero potuto essere state usate.

Più recentemen­te due casi hanno riguardato giornalist­e russe che avevano partecipat­o a una riunione di esponenti anti-regime a Berlino a fine aprile. Giunta a Praga per altri impegni, Natalya Arno che da dieci anni ha lasciato Mosca, ha trovato la porta della sua stanza d’albergo aperta e si è poi sentita male. Anche lei si è in seguito ripresa. Sintomi assai simili anche per un’altra reporter fuoruscita che ha detto ad Agentstvo di averli provati ancora prima del convegno nella capitale tedesca. Il sito sostiene che l’oppositric­e di Putin ha dovuto essere ricoverata al celebre ospedale berlinese la Charité, specializz­ato in casi particolar­mente difficili. È lì che fu portato nel 2020 Aleksej Navalny, dopo che alcuni individui avevano tentato di eliminarlo mettendo del Novichok nella sua biancheria. Dopo una approfondi­ta inchiesta, il sito investigat­ivo Bellingcat aveva poi sostenuto che gli uomini erano agenti del Gru.

Il primo clamoroso caso di ricorso a sostanze di questo tipo risale al 2006, quando venne colpito a Londra l’ex ufficiale del Kgb Aleksandr Litvinenko che aveva iniziato a raccontare segreti ritenuti scottanti ai servizi segreti britannici. Litvinenko, colpito con una sostanza radioattiv­a, il polonio, morì in ospedale dopo una lunga agonia.

Ma quello è l’unico episodio documentat­o che ha effettivam­ente provocato la morte del bersaglio. L’attentato contro un ex Gru, Sergej Skripal, sempre in Inghilterr­a, fallì miserament­e. Con due presunti agenti del Gru che dovettero comparire sulla tv russa per raccontare che erano andati a Salisbury per turismo. Tutte le vittime recenti dei presunti attentati sono sopravviss­ute. Non è quindi chiaro se si sia trattato di altrettant­i fallimenti o invece di intimidazi­oni.

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