La premier incontra Biden: «nessuna pressione» americana, allineati sul dossier asiatico
Un’agenda fitta, vede anche Scholz e Sunak: serve più collaborazione
Una chiacchierata con Joe Biden sulla Cina. È una delle poche cose che filtrano, di sostanza, da parte dello staff italiano. La prima giornata di Giorgia Meloni al G7 è inserita nell’agenda del giorno e il programma della terza sessione di lavoro è dedicato anche alla sicurezza della regione dell’Indo-Pacifico. Dunque Taiwan, dunque aggressività di Pechino e della sua marina nei confronti del Giappone, dunque proliferazione nucleare della Corea del Nord. I due leader chiacchierano in uno dei momenti di pausa dei lavori, e quel poco che viene raccontato è un perfetto allineamento fra i due Stati: Meloni la pensa come Biden, e fra qualche settimana verrà ricevuta alla Casa Bianca.
La conversazione con Biden punteggia uno dei momenti di una giornata con un programma molto fitto. I due leader scambiano le loro impressioni su Pechino nel corso della visita pomeridiana al santuario di Itsukushima. Con gli Usa, viene rimarcato da Palazzo Chigi, i rapporti sono «ottimi» e, in particolare, non ci sono «pressioni» per uscire dal memorandum sulla Via della Seta, in scadenza a marzo 2024, ma eventualmente da disdire entro dicembre, per non far scattare il rinnovo automatico.
Nel giorno in cui da Pechino si accusa il G7 di «adottare una diplomazia intimidatoria», creando «piccoli gruppi chiusi ed esclusivi», sono tanti i leader presenti ad Hiroshima che di rimbalzo mettono il governo cinese nel mirino: per le ambiguità sulla guerra in Ucraina, per le minacce contro Taipei, per una politica economica che qui viene messa sotto accusa insieme a un ripensamento dell’approccio occidentale. La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen afferma che occorre «creare un’alternativa a Belt and Road», la Via della Seta, e anche se «il disaccoppiamento non è né praticabile né nel nostro interesse» (ovvero uno sganciamento tout court da alcune dipendenze commerciali con Pechino) occorre comunque «ridurre le vulnerabilità nelle nostre relazioni economiche».
Un tema, quello dell’indipendenza strategica, toccato anche da Meloni, secondo la quale «l’Italia e l’Unione europea devono ricostruire una propria sovranità industriale, anche perché in questi anni c’è stata una lettura superficiale dei rischi della globalizzazione, si sono rafforzate le autocrazie, mentre le democrazie si sono indebolite». Anche qui, un riferimento a Pechino appare esplicitamente voluto. Non è un caso che gli incontri bilaterali di Meloni abbiano al centro alcune cooperazioni industriali. Due giorni fa, con il premier giapponese Fumio Kishida, è stata discussa l’ipotesi di lavorare insieme in modo strategico sul rilancio della produzione di semiconduttori, mentre nell’incontro di ieri pomeriggio con Olaf Scholz, che sarà a Roma l’8 giugno, sono state esplorate una serie di possibili collaborazioni, ovviamente a cominciare dai dettagli e dai risvolti della gestione Lufthansa della compagnia Ita.
Il vertice si è aperto di mattina con la visita dei leader al Memoriale della Pace, ognuno di loro ha lasciato un pensiero sul libro d’onore. «Oggi — ha scritto Meloni — chiniamo il capo e ci fermiamo in preghiera. Oggi non dimentichiamo che l’oscurità non ha l’ultima parola. Oggi ricordiamo il passato per scrivere, insieme, un futuro di speranza». Mentre si svolgevano i lavori, Meloni è rimasta in contatto con l’Italia, per seguire gli sviluppi della situazione in Emilia-Romagna. La premier ne ha anche parlato con gli altri leader, mostrando foto e video dell’alluvione e ricevendo solidarietà dai colleghi.
A margine dei lavori Meloni ha avuto anche un colloquio con il primo ministro britannico. Con Rishi Sunak — a poche settimane dalla sua visita a Londra — Meloni ha condiviso la necessità di «attuare una politica di collaborazione
La concorrenza
Nel confronto con Pechino è necessario rafforzare l’indipendenza strategica
costruttiva con i Paesi del Sud Globale, con particolare riferimento all’Africa». Questo secondo una nota dello staff italiano, non viene invece menzionata l’interlouzione in corso sul progetto del caccia militare di sesta generazione Tempest: lo costruiremo insieme a britannici e giapponesi con la nostra Leonardo, ma su governance e altri dati sensibili il dossier è ancora più che aperto.