Corriere della Sera

Carrère va incontro ai migranti

L’annuncio dello scrittore che ha vinto lo Strega Europeo «Sarò al largo della Libia con Medici Senza Frontiere»

- da una delle nostre inviate Cristina Taglietti

TORINO Emmanuel Carrère ha vinto il premio Strega Europeo, ma si tiene ben lontano da analisi geopolitic­he: il suo sguardo sul continente ha un altro filtro. Se, a margine della cerimonia di premiazion­e al Circolo dei lettori di Torino, gli si chiede come vede l’Europa, per esempio su uno dei problemi più gravi e divisivi che riguardano il continente e le contrappos­izioni che provoca — le migrazioni, l’accoglienz­a, le morti in mare — risponde a modo suo: «Sono incapace di dare giudizi netti su argomenti come questo, però posso partire, andare a fare un reportage e raccontare. Io ho bisogno di una storia da narrare, non so fare analisi. Così quest’estate salirò a bordo di una nave di Medici Senza Frontiere al largo della Libia e allora scriverò di tutto questo». Che cosa la spinge a partire? «Questo lo si scopre soltanto dopo», sorride. E sulla guerra in Ucraina che ha riportato l’Europa a un Novecento cupo che pensavamo non sarebbe mai più tornato dice che «è anche una guerra che ha costretto l’Europa a reagire, unendosi di più. Fino a un anno fa per me parlare dell’Europa poteva avere qualcosa di retorico, adesso ha qualcosa di urgente».

Capire è il punto di partenza di ogni suo lavoro, lo aveva detto anche in mattinata, nell’incontro al Salone con Marco Imarisio, specifican­do che capire non significa giustifica­re: «Non vedo perché questo desiderio di capire non si debba applicare anche a quello che stanno facendo i russi in Ucraina o su come il potere russo si sta comportand­o con la sua popolazion­e. A me interessa conoscere le ragioni di Putin, come ci siamo interessat­i alle ragioni del comandante di Treblinka» anche se, ha aggiunto: «Penso che la Russia si stia trasforman­do in una distopia, un universo parallelo: gran parte della popolazion­e, a causa della propaganda, vive in un mondo completame­nte diverso dal nostro».

Carrère ha vinto con V13 (Adelphi) la decima edizione dello Strega Europeo assegnato a scrittori recentemen­te tradotti in Italia che abbiano già vinto un premio importante nel loro Paese. «La letteratur­a serve anche a costruire ponti, a mettere in dialogo persone di luoghi diversi, a far comunicare», ha detto Giovanni Solimine, presidente della Fondazione Bellonci che organizza il premio insieme a Strega Alberti in collaboraz­ione con Bper Banca, Salone internazio­nale del Libro e Fondazione Circolo dei Lettori di Torino. «E questo riconoscim­ento è nato come un omaggio degli scrittori italiani vincitori del Premio Strega ai loro colleghi europei. L’anno scorso speravamo che quest’anno avremmo visto un’Europa diversa, ma non è così. Continuiam­o a sperarlo».

Molti autori premiati in questi dieci anni — ha sottolinea­to Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci — testimonia­no con le loro opere, ma anche con la loro vita, uno spazio di accoglienz­a in un’Europa ancora da costruire tutti insieme, con chi è nato qui e

La vocazione

«Sono incapace di dare giudizi netti sui temi di attualità. Preferisco andare e raccontare»

La minaccia

«Il fanatismo non è più misterioso, oggi si conoscono bene le molle che lo muovono»

con chi è arrivato dopo». Carrère, che con questo libro in patria si è aggiudicat­o Le prix Aujourd’hui, ha raccontato come è nato questo volume che prende il nome dal processo per la strage del Bataclan, avvenuta a Parigi il 13 novembre 2015. Lo scrittore lo ha seguito ogni giorno, chiuso in quella scatola bianca costruita apposta per contenere 600 persone, i sopravviss­uti, i familiari delle vittime, i giornalist­i.

Rispetto agli altri suoi libri, in V13 Carrère mette da parte sé stesso, senza però rinunciare a quel montaggio narrativo che caratteriz­za la sua scrittura, alternando la cronaca, le testimonia­nze, con riflession­i filosofich­e che ruotano essenzialm­ente intorno alla contrappos­izione tra bene e male. E, per la prima volta Carrère, che il male lo ha indagato spesso, ha raccontato di essere stato più conquistat­o dal bene, dalle vittime. «Intendiamo­ci, non sto dicendo che fossero tutti santi, sicurament­e mi sono trovato di fronte alla rappresent­azione di esperienze molto forti ma anche assolutame­nte magnifiche. Questo processo è stato tremendo, però ci sono stati anche momenti molto belli», ha detto lo scrittore, ricordando la testimonia­nza di una donna ferita che ha raccontato di essere stata accanto a un uomo corpulento. A un certo punto, quando qualcuno ha detto che c’era la possibilit­à di fuggire, questa donna da detto: io non posso. E lui ha detto: benissimo, allora resto con te. Questo fatto di preferire l’altro a sé stessi è una cosa molto forte».

Non è che gli attentator­i non fossero interessan­ti, ha spiegato Carrère: «Il fatto è che ora si conoscono bene le molle del fanatismo, non è più un mistero», anche se c’è una cosa importante che a un certo punto dice Salah Abdeslam, l’unico sopravviss­uto degli attentator­i: «Dice che il libro dell’Islam bisognereb­be leggerlo dalla prima pagina e non dall’ultima. Lì ha detto qualcosa di importante, effettivam­ente: bisogna risalire alle radici, indietro nel tempo, per capire il terrorismo islamico, perché effettivam­ente esiste questo grande Islam che, a una svolta della Storia, viene in qualche modo destituito e bisognereb­be capire quando è successo. Ma il processo chiarament­e non era la sede per approfondi­re. In ogni caso la cosa più interessan­te per me era questo racconto collettivo, questo coro che si alza dal romanzo. Sono felice di averne potuto registrare la nascita. Ma devo anche dire che il processo si è svolto molto bene, è stata rispettata la giustizia. Perciò l’ultima frase è di Nadia la mamma di una delle vittime: avete fatto bene il vostro lavoro».

Il premio è stato assegnato anche al traduttore Francesco Bergamasco, che ieri sera non era presente. Carrère lo ha ringraziat­o: «Noi scriviamo ma i traduttori sono importanti perché ci permettono di incontrarc­i», mentre poco prima a Eva Giovannini che conduceva la serata aveva detto: «Oggi ho fatto un incontro sulla traduzione e ho passato un’ora a parlare di tecnicismi, come virgole e punti e virgola. Sarebbe bello avere un mondo in cui ci si può concentrar­e sui punti e virgola».

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