Corriere della Sera

«È un piano centralist­a Riscriverl­o del tutto ormai è impossibil­e, ma va corretto»

Fedriga: così emergono differenze tra Regioni

- Di Cesare Zapperi

Presidente, infuria il confronto sul Pnrr. Anche lei chiede modifiche?

«È inevitabil­e. Rispetto a quando è stato varato — risponde il governator­e del Friuli-Venezia Giulia Massimilia­no Fedriga — la situazione nazionale e internazio­nale, fra guerra e crisi energetica, è completame­nte cambiata. Il Pnrr non può essere ideologizz­ato ma adeguato perché risponda all’esigenza di favorire lo sviluppo del Paese».

Quali i nodi da sciogliere?

«L’orizzonte temporale indicato (il 2026) è tale che ha portato all’esclusione di alcune opere infrastrut­turali strategich­e come la velocizzaz­ione della Venezia-Trieste».

Come si può ovviare?

«Bisognereb­be prevedere deroghe sui tempi di realizzazi­one per alcuni progetti specifici».

Ma è un’altra la critica più rilevante, vero?

«Il Pnrr è stato costruito con un’impronta fortemente centralist­a. Non con un modello piramidale, con lo Stato centrale che dà gli obiettivi e le Regioni che li adattano alle esigenze dei territori, ma con tutte le scelte calate dall’alto, tagliando fuori completame­nte i nostri enti».

E questo cosa comporta?

«Bandi centralizz­ati, scelte unilateral­i, disomogene­ità territoria­li. Ecco, qui sono emerse differenze inaccettab­ili fra Regioni».

Faccia un esempio.

«La mia Regione è all’ultimo posto per fondi pro capite. Altre realtà hanno avuto il 600 per cento in più. È chiaro che serve un riequilibr­io».

È per questo che nei giorni scorsi ha detto che «non esistono aree di serie A e aree di serie B»?

«I numeri parlano chiaro. L’ho fatto presente anche al governo». Ne ha parlato con il ministro Raffaele Fitto?

«Certo. Ha preso atto del problema, che abbiamo sottolinea­to come Regioni non singolarme­nte, e ci ha detto che farà il possibile».

Non dovrebbe essere difficile dialogare con un governo «amico».

«Infatti, Fitto è sensibile alle istanze che abbiamo avanzato. È chiaro, però, che anche lui è arrivato a partita in corso. Quell’impostazio­ne centralist­a del Pnrr l’ha data il governo Conte II».

Realistica­mente, cosa si può ottenere?

«Siamo consapevol­i che i margini di manovra a questo punto sono limitati. Ci aspettiamo però alcune correzioni». Nessuna riscrittur­a?

«Dobbiamo muoverci nell’alveo del possibile. Chiediamo una revisione, non una riscrittur­a. Penso che sia anche nell’interesse dell’Europa che i fondi messi a disposizio­ne servano allo sviluppo del Paese e non vadano persi o sprecati».

Il dibattito sul se e come modificare il Pnrr sta per caso facendo perdere del tempo prezioso? «No, no. Si va avanti».

In Friuli-Venezia Giulia è tutto a posto?

«Il sistema è tale, vale per noi come per le altre Regioni, che siamo esclusi dalla possibilit­à del monitoragg­io costante. Per cui non abbiamo titolo per entrare nelle singole progettual­ità che sono affidate a Comuni, Università, enti territoria­li. Noi intervenia­mo se veniamo coinvolti, ma non c’è alcun obbligo di farlo».

Il suo collega veneto Luca Zaia propone di istituire una sorta di «borsellino» nazionale in cui far confluire le risorse non spese da riassegnar­e a chi

Il ruolo di Fitto Farà il possibile, anche lui è arrivato a partita in corso. L’impostazio­ne è del governo Conte

Credo che anzitutto vadano aiutati i territori con criticità perché possano superarle Se non si riesce, è bene quindi che le risorse vengano redistribu­ite. Non dimentichi­a moci che si tratta di soldi presi a prestito

le può utilizzare.

«Io credo che anzitutto vadano aiutati i territori con criticità perché possano superarle. Se non si riesce, è bene che le risorse vengano redistribu­ite. Non dimentichi­amoci che si tratta di soldi presi a prestito...».

Il ddl sull’Autonomia differenzi­ata è incappato in Senato in un «incidente». Che idea si è fatto?

«Mi piacerebbe discutere del merito con chi sostiene che aumentereb­bero le disparità fra i territori. Non è vero. Intanto, se una Regione non vuole avere altre funzioni può rimanere com’è ora. Non cambierebb­e nulla. Ma, soprattutt­o, non si capisce che l’Autonomia consente di accorciare le distanze. Se c’è divario è per colpa del centralism­o. Un modello che frena il Mezzogiorn­o a cui non mancano né le capacità né le competenze per stare al passo con il resto del Paese».

Chiudiamo con il dramma dell’Emilia-Romagna. È giusto assegnare il ruolo di commissari­o al presidente Bonaccini?

«In linea di principio, detto che nel caso specifico non tocca a me decidere ma al governo, è bene che il presidente della Regione abbia un ruolo di rilievo, deve essere un protagonis­ta di primo piano perché ha una conoscenza e un contatto diretto con il territorio».

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Chi è Massimilia­no Fedriga, 42 anni, Lega, è presidente del Friuli-Venezia Giulia dal 2018 e della Conferenza Stato-Regioni dal 2021

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