Corriere della Sera

SULLO SFONDO RIMANGONO DUE PROBLEMI IRRISOLTI

- Di Massimo Franco

Le polemiche aspre e un po’ scivolose sui vertici della Commission­e parlamenta­re antimafia hanno velato due temi altrettant­o strategici: la discussion­e sull’autonomia regionale differenzi­ata e quella sul Piano per la ripresa. Eppure, ieri si è avuta la dimostrazi­one di quanto si tratti di problemi intrecciat­i e tuttora indefiniti. Sull’autonomia voluta soprattutt­o dalla Lega, c’è stata la controprov­a che i governator­i delle regioni settentrio­nali sono intenziona­ti a ottenerla: in primo luogo contrastan­do la vulgata, diffusa in modo trasversal­e, di spingere per una riforma divisiva.

Anche ieri, durante l’incontro di alcuni «governator­i» al Senato, è emersa la preoccupaz­ione di accreditar­e una sorta di contro-narrazione rispetto a quella degli uffici tecnici del Parlamento; e dunque di smentire che l’autonomia spacchereb­be l’unità del Paese. Ma, di nuovo, l’operazione ha prodotto risultati tutti da verificare alla prova dei fatti. Il presidente del Veneto, il leghista Luca Zaia, mostra un approccio difensivo quando giura di non avere «la fissa dell’autonomia». La consapevol­ezza di «una strada in salita» certifica resistenze forti.

Forti, e ben distribuit­e. Si tratta di ostacoli che non riguardano solo le opposizion­i, ma la stessa maggioranz­a di destra, timorosa di perdere consensi al Centro e nel Sud. Senza che nessuno lo voglia, cresce la sensazione di un Carroccio avviato su un percorso non solo accidentat­o ma solitario. Deciso a presentare il suo obiettivo come «autonomia solidale» e nel rispetto della Costituzio­ne; e tuttavia circondato da una diffidenza palpabile di avversari e alleati, anche per il modo in cui l’idea è partita: a cominciare dai referendum consultivi regionali del 2017.

La loro carica iniziale «anti-centralist­a» alla lunga è diventata un ostacolo, perché è stata letta in filigrana come un tentativo di smarcarsi da un’Italia meridional­e in ritardo e impoverita. Le rassicuraz­ioni del ministro Roberto Calderoli e degli altri leghisti sono il tentativo di smontare una polemica strisciant­e, e in qualche caso esagerata. Ma certamente destinata a non favorire un’approvazio­ne rapida e politicame­nte indolore. L’incrocio con i problemi posti dalla realizzazi­one del Piano per la ripresa rende la questione più complicata.

Ormai, nel governo si oscilla tra l’ammissione che non si riuscirann­o a raggiunger­e tutti gli obiettivi programmat­i, e la ricerca di una soluzione che limiti i danni economici e di immagine, se non sarà possibile spendere i fondi europei. L’ipotesi di un «salvadanai­o» nel quale depositare i finanziame­nti del Piano per la ripresa che non si riescono a spendere è stata avanzata ieri proprio da Zaia. E questo dopo che il suo leader e ministro Matteo Salvini aveva detto di volere usare «fino all’ultimo centesimo». È il segno di una questione aperta per tutti, che cerca ancora un punto di equilibrio.

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