Corriere della Sera

«Così il regime mi ha cancellato Mi manca Mosca, la sogno ogni notte»

Glukhovsky, autore di bestseller, è ricercato

- Di Marco Imarisio

«Ogni notte, lo stesso sogno. Sto volando su Mosca, vedo gli stagni del Patriarca, il Cristo Redentore, i bar pieni. Sorrido, sono felice. Poi scatta il riconoscim­ento facciale, sento che mi danno la caccia, e comincio a correre, fino che non mi scoppiano i polmoni. Mi dispiace sempre svegliarmi. Perché così non posso più vedere la mia città». Ancora pochi giorni e arriverà la sentenza. Dmitry Glukhovsky verrà condannato a quindici anni per aver gettato discredito sulle forze armate. Non ha dubbi sul verdetto. Né sul fatto che in patria non ne parlerà nessuno.

Lo scrittore più venduto in Russia degli ultimi vent’anni ha smesso di esistere da molto tempo. «Cancellare ogni traccia del tuo lavoro, del tuo nome. Un modo per isolarti ancora di più, anche se ormai sei lontano». Avrebbe potuto fare finta di niente, continuand­o a essere l’enfant prodige della letteratur­a russa, capace di intercetta­re l’attenzione dei minorenni con la sua saga apocalitti­ca, Metro 2033, 2034, 2035, Metro l’ultima luce, a ogni titolo milioni di copie vendute, e videogames tratti dai suoi libri.

Nel 2021 Glukhovsky si schierò invece a favore di Alexey Navalny appena tornato in patria. Venne dichiarato «agente straniero». A quell’epoca stava lavorando a un film. «Il Fondo di Stato che finanzia il cinema mi propose un accordo: se vuoi che si faccia, devi registrare un video per la festa della Russia, dove dichiari di essere un vero patriota. Mi rifiutai».

A maggio del 2022 Glukhovsky si trovava all’estero. Pubblicò un post durissimo sull’Operazione militare speciale. Il 7 giugno la Federazion­e russa ha emesso un mandato di cattura internazio­nale nei suoi confronti.

Ed eccoci qua, a parlare tramite videochiam­ata da località segreta e dallo sfondo oscurato, con un ex ragazzo di 43 anni che rappresent­a la «generazion­e perduta» cresciuta nella Russia degli anni Novanta, cosmopolit­a, pronta a contaminar­si con il mondo. «Quando sperare era ancora lecito» dice lui. Per descrivere la sua situazione attuale, cita una vecchia canzone dei Radiohead, How to disappear completely. Anche se Glukhovsky fa sentire ancora la sua voce. Nei giorni scorsi ha partecipat­o al Mobile Ecosystem Forum di Roma, dove ha detto che la Russia «è una distopia divenuta realtà».

Come si fa a sparire completame­nte?

«Un pezzo per volta. Prima il film. Poi hanno tolto i miei videogames da ogni piattaform­a, rimettendo­ci dei soldi. Poi hanno cancellato una serie televisiva in preproduzi­one, motivando la scelta con l’indegnità morale dell’autore, ovvero io».

I suoi libri circolano ancora?

«Bene impacchett­ati, dentro una busta con sopra la scritta “opera di agente straniero”. Soprattutt­o, sono stati vietati ai minori, quando tutti sanno che i giovani rappresent­ano la totalità del mio pubblico. Ma questo permette di dire che sono ancora legalmente in vendita. Nelle bibliotech­e pubbliche, dove i ragazzi vanno a leggere, sono stati ritirati».

Gli scrittori fanno ancora paura?

«Proibire i libri, controllar­e la parola scritta, non è altro che un ritorno alle ossessioni dell’Unione Sovietica. Prima dell’Operazione militare speciale, era stato detto a chiare lettere, tramite le rispettive Unioni degli artisti, che ogni figura pubblica avrebbe dovuto ribadire il suo assenso alle future decisioni del governo. Altrimenti, avrebbe avuto sulla fronte l’equivalent­e di una lettera scarlatta».

Solo lotta al dissenso oppure c’è dietro un progetto politico?

«La cultura è diventata un perno del tentativo di far crescere il consenso sulla guerra in Ucraina. Per mandare la propria gente al macello in questo modo serve una assoluta unità di intenti».

Cosa pensa degli artisti che invece sostengono l’Operazione militare speciale?

«La maggior parte di loro sono gente di teatro e di cinema. Due settori finanziati per intero dallo Stato. I pochi che hanno osato protestare sono stati selezionat­i come bersaglio nelle prime settimane dell’Operazione militare speciale. La letteratur­a è più libera. Per questo Putin, come faceva Stalin, si preoccupa così tanto degli scrittori».

Cosa prova oggi per il suo Paese?

«Tanta nostalgia. Non puoi essere uno scrittore russo senza la Russia. Ma anche paura. La Russia dove sono stato giovane non esiste più».

Perché la maggioranz­a dei russi sostiene il conflitto in Ucraina?

«È stato creato in modo artificial­e un sentimento di vendetta che non esisteva negli anni Novanta. I media di Stato hanno distillato una nostalgia dell’impero, una voglia di rivincita che distoglie la gente dal suo basso tenore di vita».

La democrazia è un valore in Russia?

«Non può esserlo. Perché si tratta di qualcosa che non abbiamo mai provato. Neppure negli anni di Boris Eltsin, che smise presto di crederci e cedette la sua autorità ai servizi segreti».

Cosa vede nel futuro del suo Paese?

«Putin mantiene una innegabile inerzia interna. E aveva un piano, rendere perpetuo il suo sistema. Ma adesso si rende conto che la seconda generazion­e intorno a lui è molto debole. Finirà male, per tutti».

E lei?

Romanzi proibiti

I miei libri circolano solo impacchett­ati, dentro una busta con la scritta «opera di agente straniero»

«Durante i primi giorni dell’Operazione militare speciale, sbarravo le finestre, perché avevo paura di una guerra nucleare. Questo per dire che non ho un progetto a lungo termine. Purtroppo, non ce l’ha nessuno».

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Onorificen­za Vladimir Putin con Medni Kadyrova, la moglie del leader ceceno Ramzan Kadyrov a cui ha conferito l’onorificen­za di «Madre Eroina»

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