IN FONDO È IL MAR
Il Giro lascia la Valsugana e attraversa il Veneto fino alla costa Scorrono le due anime della regione: industriosa e rilassante
Finalmente ha piovuto. Qui, in qualche modo, per fortuna, è stato gentile, senza troppa acqua, senza i drammi terribili di altri. Pian piano, in Valsugana la terra riprende il colore, e così ravviva i prati, e il riflesso della brina la mattina. Si parte da qui, e vicino c’è il Brenta, il profumo di montagna, e qualche cosa di antico. Questa era la strada più battuta, un tempo, per il Trentino dal Veneto. Poi è venuta la ferrovia, e poi le autostrade, che hanno tagliato la pianura più in basso, hanno isolato un poco questa parte di mondo.
Qui, però, si passa ancora, e da sempre è confine, differenza, verso il Nord, verso l’alto, e c’è questo Medioevo ruvido, intatto, anche povero, anche magnifico. C’è il Castello di Pergine, il Rinascimento nelle finestre delle case in centro. Si va, allora, e ci si infila come un ago tra l’altopiano di Asiago, la Cima XII, da una parte, e dall’altra Monte Corno, le Pale di San Martino. Ci si sente schiacciati, felici, e poi liberi. Si potrebbe salire, sempre, le montagne raccontano quello, che bisogna andare, faticare, che tutto si può raggiungere. Ma oggi no, oggi si scende, si taglia tutto il Veneto con le forbici, montagna, collina, mare, È tutto qui.
Primolano, Cismon, Valstagna e poi Bassano. Eccolo, il Brenta padrone, che spezza e allunga la città, che pare così più piccola di lui, ma gioiosa, le case allegre sulle sponde, l’eleganza, il ponte degli alpini, i saliscendi, i locali del centro, quel senso di non sapere bene dove si è, né in alto né in basso. E poi Rosà, i palazzetti bianchi e il municipio, e sempre la voglia di andare, mentre esplode intorno, all’improvviso, la pianura, si rallenta, rimpicciolisce le montagne, e neanche ci si accorge, di essere giù, precipitati, al vento. Lì continua il Veneto, qualcosa di diverso, di più placido e meno eroico, ma è sempre il Veneto dei negozi vecchi, delle case improvvise, separate l’una dall’altra, e poi però un centro commerciale, villaggi, paesi, cemento e legno, e industrie, brevetti, vino e formaggi.
Così, presto, si arriva a Treviso, capitale della sua Marca, Treviso ricca, Treviso elegante, consapevole e sorniona come certi signori che han faticato, e ce l’hanno fatta. Anche se sì, si invecchia, è sempre più lontano il Novecento, i soldi che sgorgavano come mille fontane, e il miracolo veneto rimane, ma un poco sbiadisce, si è arrotondato come un coltello che non taglia più. Ma ancora sì, si vive bene, si vuole vivere bene, e allora si va verso il mare, dritti, verso Jesolo, le strade come un imbuto.
Presto ci sarà il sole, l’estate, e la voglia di mollar tutto, e quel fastidio di stare in coda, le canzoni di Tananai e quelle vecchie dei francesi, e poi si parcheggia, in qualche modo, chi se ne importa, e si esplode appena si vede la sabbia, che basta un attimo, un metro quadro, per ritrovarsi.
Ecco Jesolo, il nome che viene da Equum, dai cavalli dei Romani, che qui correvano liberi, quando non c’era neanche una casupola, altro che i prezzi oggi al metro quadro da far invidia a Londra. Jesolo frenetica, Jesolo che è stata centro di ogni divertimento e che oggi è un po’ più saggia anche lei, sempre con tutti i veneti, con la sua gente che qui confluisce e chiede di godersi la vita, ma sempre più lounge e meno house, e tutti i negozi in fila, e le scarpe all’ultima moda, il mare davanti, la laguna di Venezia da qualche parte, il sapore di sale, perché comincia il litorale.
Allora si procede, si tiene il mare a sinistra, qualche pino ogni tanto lo nasconde, qualche raggio poi lo svela. Ecco Cortellazzo dove si butta il Piave, il fiume della Grande Guerra, ed Eraclea, Duna Verde, Santa Margherita, e poi ecco Caorle, la sua bellezza, la più bella di tutte. Caorle con il campanile tondo, Caorle con la madonnina del Mare. Caorle che racconta i miracoli. Caorle che si mangia pesce, Caorle con l’accento diverso, la «o» chiusa. Caorle che si prende il sole, e un poco, anche tutto il tempo che c’è qui, e la felicità.
Il Brenta allunga Bassano e non si sa se si è in alto o in basso; Treviso si gode ancora il miracolo economico; Caorle è la perla del litorale, con il campanile tondo, la madonnina, i miracoli, il senso di felicità