Corriere della Sera

FOTO E NOTIZIE FALSE, MISCELA «ESPLOSIVA»

- Di Paolo Ottolina

Dobbiamo lasciare che le macchine inondino i canali di informazio­ne con propaganda e falsità? Lo chiedeva Elon Musk nella lettera aperta dello scorso marzo, con cui sollecitav­a uno stop di sei mesi allo sviluppo dell’intelligen­za artificial­e. Musk però farebbe bene a porsi altre (e più sincere) domande, se avesse a cuore la lotta alle fake news e, più in generale, la tenuta della democrazia. Il caso della falsa esplosione al Pentagono è diventato un esempio perfetto di rischi già molto attuali. Nel pomeriggio di lunedì su Twitter si diffonde la notizia di un forte scoppio al Pentagono: una foto mostra una colonna di fumo nero accanto al Dipartimen­to della difesa Usa. La news viene presto rilanciata sui social, soprattutt­o (ma non solo) da account legati alla propaganda russa e alla galassia complottis­ta. La polizia di Arlington smentisce tutto ma le condivisio­ni proseguono e la notizia arriva a Wall Street: l’esplosione viene percepita come reale e l’indice S&P 500 inizia a scendere, perdendo 30 punti in pochi minuti. I listini poi recuperano, ma il «flash crash» è costato centinaia di miliardi di capitalizz­azione totale. I campanelli d’allarme sono due. Il primo è la capacità dei sistemi di intelligen­za artificial­e generativa di creare foto false ma verosimili, come nei recenti casi — capaci di ingannare milioni di utenti — di Trump in prigione o del Papa vestito con strani giubbotti. Il secondo aspetto stavolta è anche di maggior rilievo. Per scelta di Musk, la spunta blu su Twitter non accerta più che siamo di fronte a un profilo verificato (un media o un personaggi­o pubblico). Oggi è solo un «vanity badge», ottenuto pagando. Nel caso della fake news del Pentagono, la fonte iniziale era un account «blu», @BloombergF­eed. Nessun legame con la celebre agenzia finanziari­a ma abbastanza ben fatto da fare da detonatore per la fake news. Una prova di quanto possa essere micidiale la miscela tra intelligen­za artificial­e e la disinterme­diazione senza regole dell’informazio­ne.

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