Corriere della Sera

L’invenzione e la libertà narrativa di Nanni

- Di Paolo Mereghetti

Sembrava scritto nelle cose che il regista Tran Anh Hung finisse per fare un vero film culinario (nel Profumo della papaya verde c’erano solo suggestion­i gastronomi­che). Obiettivo raggiunto col romanzo di Marcel Rouff, diventato anche il titolo del film: La Passion de Dodin Bouffant, storia inventata di un fantomatic­o cuoco di fine Ottocento che trova nella sua assistente Eugénie ben più di una collaborat­rice sapiente. Lui ha il corpo robusto di Benoît Magimel, lei quello più sofferente di Juliette Binoche, insieme li vediamo cucinare tra meraviglio­se casseruole di rame, mentre cercano (e trovano) gli equilibri più delicati e preziosi per i loro piatti. C’è anche una sottotrama drammatica (Eugénie ha una salute molto cagionevol­e e forse per questo continua a rifiutare le proposte di matrimonio di Dodin) ma la maggior parte dei 130 minuti del film sono occupati da minuziose riprese culinarie: preparazio­ni, cotture, impiattame­nti mentre lui divide la tavola con quattro golosi amici e lei lavora instancabi­le in cucina. Senza alcuna mancanza di riconoscim­enti (gli uomini chiedono alla donna di sedersi a tavola con loro) ma con una ricercatez­za visiva e una puntiglios­ità didascalic­a che, lontanissi­mi dal far venire l’acquolina in bocca, finiscono per dare un senso

La maggior parte dei 130 minuti del film di Tran Anh Hung sono occupati da minuziose riprese culinarie

un po’ stucchevol­e di sazietà. Com’è diversa la libertà narrativa e l’invenzione del Sol dell’avvenire (recensito sul Corriere della Sera il 19 aprile scorso) che ieri ha diviso il cartellone del concorso. E, al di là dell’orgoglio nazionale, capisci la differenza tra un regista prigionier­o delle proprie esangui scelte estetiche (Tran) e uno che invece vuole fare i conti con la propria storia e le proprie ambizioni (Moretti), pronto a mettersi in discussion­e anche a costo di ammettere i propri errori e le proprie sconfitte. Uno è vero cinema, l’altro è solo un esercizio di eleganza formale.

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Interpreti Barbora Bobulova (49 anni) e Silvio Orlando (65) in una scena del film «Il sol dell’avvenire» diretto da Nanni Moretti

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