Corriere della Sera

La sbornia verticale spazzerà via qualsiasi tatticismo

- di Marco Bonarrigo

Da oggi a sabato i 128 superstiti del 106° Giro d’Italia si troveranno davanti 10.020 metri di dislivello verticale (mille più dell’Everest) suddivisi in tre tappe e undici Gran premi della montagna, per tacere delle salite non classifica­te, delle colline e dei cavalcavia, perché anche i cavalcavia dopo 17 giorni di gara fanno male. Una sbornia verticale con pochi precedenti che spazzerà via ogni forma di tatticismo.

Quando la pendenza supera il 15% parlare di scatti e attacchi non ha più senso, vince l’unico che non si stacca. Fatica terribile per tutti, di più per i velocisti che ieri sono saliti in paradiso (Alberto Dainese ha bruciato di millimetri Jonathan Milan, terzo successo azzurro al Giro 2023) e oggi molleranno pochi chilometri dopo il via invocando la clemenza del tempo massimo. Oggi è il giorno delle salite misteriose. Delle difficoltà della Forcella Cibiana e di Coi sanno solo i pedalatori bellunesi più tosti. Sono entrambe montagne «basse» (siamo sui 1.500 metri) con la Cibiana che tocca più volte il 15% e il Coi dal versante Rutorbol (antipasto dell’arrivo in Val di Zoldo) che ha gli ultimi 5 chilometri al 10% con punte del 20%: tra le due salite c’è zero spazio per recuperare fiato e lucidità. Domani le Dolomiti si presentera­nno nella loro forma più classica ed epica, con passi venerati dai pedalatori di tutto il mondo. Dopo lo start dal Longarone, ecco il Campolongo da Caprile (falso amico), il Valparola dalla Val Badia (eterno) e il Giau da Selva di Cadore, tostissimo con i suoi 10 chilometri a sfiorare il 10% e scolliname­nto a quota 2.200. È finita? Macché: si picchia su Cortina, poi passo Tre Croci e subito le Tre Cime di Lavaredo, un paradiso che si conquista con fatiche terribili perché a quota 2.300 l’ossigeno è raro e prezioso: gli ultimi tre chilometri al 13% con punte del 18% non finiscono mai.

Dopo poche ore di riposo, l’epilogo prima della passerella romana: la cronometro del Monte Lussari, undici chilometri di leggerissi­ma salita poi sette e mezzo lungo una stretta striscia di strada strappata alla montagna. La pendenza media (udite udite) è del 12% includendo il breve tratto di pianura nel finale ma nella prima parte tocca il 22%: se ti fermi (e qualche velocista rischia di farlo, nella parte centrale non è ammesso il pubblico, di solito generoso di spinte con gli ultimi), rischi di rotolare a valle. Di qualunque peccato si siano macchiati i corridori nelle prime due settimane (traini, spintarell­e, l’attendismo di cui abbiamo spesso accusato i big), l’assoluzion­e arriverà per tutti sulla cima del Lussari.

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Alberto Dainese ha vinto lo sprint al fotofinish su Jonathan Milan ieri a Caorle: è il terzo successo italiano dopo Milan e Bais al Giro 2023 (Ansa)
Uomo-jet Alberto Dainese ha vinto lo sprint al fotofinish su Jonathan Milan ieri a Caorle: è il terzo successo italiano dopo Milan e Bais al Giro 2023 (Ansa)

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