Vallanzasca, la moglie: « Fatelo uscire per curarsi »
In un’esistenza, quale quella del 73enne Renato Vallanzasca, da gran bugiardo oltreché da assassino, bandito, sequestratore e fuggiasco dalle carceri, potrebbe essere l’ennesima recita. I magistrati ritengono che l’attuale quadro fisico e mentale del detenuto condannato a 4 ergastoli, e da oltre mezzo secolo in cella, non sia incompatibile con il medesimo regime detentivo. Ma bisogna comunque annotare l’implorazione dell’ex moglie Antonella D’Agostino, la quale, con l’obiettivo di rendere lo scenario il più chiaro possibile, a chiunque, così ha detto: « Renato ormai è una larva, sta marcendo. Basta, pietà! Permettetegli di curarsi fuori dal carcere » . La signora D’Agostino ha inviato una lettera all’agenzia di stampa Ansa tracciando il ritratto di un uomo « divenuto l’ombra di se stesso, incapace perfino di rendersi conto di dove si trova » . Figura mediatica, uno che ha fatto sempre e comunque notizia, il criminale Vallanzasca ha avuto origine nell’adolescenza, quando rubava nelle edicole i fumetti di Tex Willer e le figurine Panini. Lui mai ha rinnegato i propri tragici errori, togliendo vite e spegnendo le esistenze di generazioni di famiglie, ma insieme ha rimarcato la scelta, a oltranza, di non collaborare con gli
« sbirri » , di non tradire, di non fare nomi, semmai di prendersi le responsabilità anche di altri. Un’adesione, appunto piena e convinta, al « codice di comportamento » dell’essere delinquente. Nato in via Porpora a Milano, figlio della sarta Marie Vallanzasca fidanzata con Osvaldo Pistoia ( il papà del bandito) che a sua volta era sposato con Rosa Pescatori, Vallanzasca aveva cominciato a non frequentare la scuola fin dalle classi elementari, a sparire da casa, a unire le pericolose smargiassate
( per esempio aprire le gabbie degli animali del circo) alle rapine in strada e nei negozi. Dotato di mente svelta, prodigiosa memoria e rare doti atletiche, il piccolo Vallanzasca obbediva a un’unica figura. Quella del fratello Ennio. Fu lui a scoprirlo cadavere, in un prato: si era sparato in volto.