Devoti allo stile (contro il caos)
Dolce e Gabbana, alla vigilia dei 40 anni di carriera «Siamo tempestati di immagini, ma cosa resterà?»
Ritorno allo stile. Che poi, il loro, non se ne sia mai andato, sembra quasi non riguardarli. E la cosa un po’ gli rende merito. « Per noi ogni sfilata, ogni collezione, sono sempre una prima volta. Dove ci chiediamo chi siamo e se la gente ci riconosce! » . Così ecco che alla vigilia dei quaranta anni di onorata carriera, compleanno nel 2024, Domenico Dolce e Stefano Gabbana ci tengono a sottolineare che quelli sono loro: ca nottae coppola, panciotto e braghe maschili, giacca sartoriale e intimo « l ogato » , cappotti e cargo da lavoro, gessato e pizzo. Nero e bianco, grigio e cammello. Un cioccolato, che è tradizione del sud contadino. Più Dolce e Gabbana di così non si può!
Perché sottolinearlo? Persino con un invito e una fidelity card ad hoc? « Ne abbiamo sentito l’esigenza dopo aver fatto alcune considerazioni » . Riflessioni di conseguenza: « Ogni giorno siamo tempestati di immagini, una contraria dell’altra, o di modelli e icone, sempre diversi fra loro. Ci siamo chiesti: ma qualcuno se ne ricorderà, un giorno? La riposta è no, nessuno di loro passerà alla storia » . Ogni riferimento non è casuale: « Senza togliere nulla agli influencer che faranno il loro lavoro, ma non possono diventare certo maestri di stile. Perché un giorno raccontano di formaggino e l’altro di alta moda. Non si sono preparati per essere dove sono. Un tempo c’erano le riviste, che erano autorevoli con gli stylist e i fotografi arrivati lì dopo anni di studio e passione » .
Dito puntato sui soci al: « Questo tipo di social sì, perché annulla completamente l’identità delle persone. Però quando viaggiamo ci chiedono sempre e ancora, per fortuna, un documento di riconoscimento: quello non mente mai e dice realmente chi siamo » . Spiegata la fidelity card per invito: « Noi siamo noi con la nostra storia. E vale per tutti: che si parta dalla Scandinavia o dalla Sicilia; quel che è importante è che tutti abbiamo da raccontare qualcosa di unico e nostro » . Lo stile, così, è servito. Che non vuole dire retrò, piuttosto eterno: « Come un taglio sartoriale, per esempio che, è certo, non passerà mai di moda » , aggiungono i due, consapevoli della perfezione delle loro giacche o della cultura di scegliere questo o quel tessuto « battuto » perché cadano perfettamente. L’importanza dei codici e dello studio per maneggiarli con sicurezza. E torniamo al punto di partenza: la confusione nei messaggi. Gli stilisti parlano addirittura di « eccessi di appropriazione culturale » , di « mancanza di formazione » e ( ancora) di « ubriacatura da social » e invitano ad affidarsi a passione e studio. Un mix che loro hanno riassunto nella parola: devozione. La collezione è un inno a tutto questo , aggiornato a un oggi che vuole essere, se mai sia possibile, più leggero e i nt i mo, pers i no r omantico, meno chiassoso e, già, a misura di selfie.
È decisamente nell’aria una sorta di nuovo minimalismo che non ha a che fare con la sottrazione ma piuttosto con la qualità. « Personalmente in questa visione, mi sento oggi a mio agio — commenta Neil Barrett che torna a sfilare dopo tre anni —. Ho ritrovato e aggiornato l’idea di un minimal con il quale cominciai negli anni Novanta, lavorando su forme ( più morbide ndr) e tessuti ( di grande qualità ndr) e soluzioni ( pochi pezzi ma quelli perfetti ndr) » . La collezione così è svelta: bermuda e camicie a manica corta, giacche boxy e completi work- wear.
Un viaggio in Tanzania ispira invece Massimo Giorgetti per la sua Msgm più « matura » e « trasversale » , dice e fa l ui. « Una coll ezi one molto personale » , ci tiene a precisare rifiutando l’idea del quiet luxury ma appellandosi alla qualità del Made in Italy. Il guardaroba è il suo street e sporty, dai cargo ai jogging all e canotte, con interferenze formali ( completi over e sartoriali) di tessuti e pelle.
Nei colori e nelle stampe la « sua Africa » fatta di tramonti, di flora e di fauna e di foto scattate durante i safari. E poi deserti e savana, oasi e altipiani. Per la prima volta un casting diverso: apre Axel, 52 anni e chiude un ragazzo di 16. La metafora sta nell’ispirazione: il risveglio all’alba e la partenza. « Erano momenti meravigliosi. Un invito e una spinta ad andare che ho sentito come un’esortazione a crescere e diventare grande » .
Neil Barrett
« Ho ritrovato e aggiornato l’idea del minimalismo con cui ho cominciato nei 90 »