Corriere della Sera

Migranti, lavoro: Giuliano Zincone vedeva lontano

- di Paolo Conti

Dieci anni fa in questo periodo, per la precisione il 2 giugno 2013, ci lasciava Giuliano Zincone, a lungo inviato ed editoriali­sta del « Corriere della Sera » . La distanza del tempo aiuta, in questi casi, a individuar­e il lascito più evidente. Nell’impronta di Giuliano Zincone ( che, nella sua vita profession­ale, diresse anche « Il Lavoro » di Genova e poi scrisse per « Il Foglio » e per « Il Sole 24 ore » ed era nato a Roma il 20 dicembre 1939; qui sotto) colpisce la lucida capacità di aver saputo individuar­e e anticipare almeno due temi della nostra strettissi­ma e attuale contempora­neità.

Uno dei due temi è l’emigrazion­e forzata di intere popolazion­i a causa dei conflitti. Nel suo libro Gente alla deriva del 1980 ( Rizzoli), firmato con Susanna Agnelli, raccontò il dramma del Vietnam e della Cambogia di quel drammatico periodo attraverso le storie dei boat people vietnamiti, proprio la gente alla deriva del titolo, tra campi profughi che diventavan­o teatri di morte e barconi stracarich­i di ultime speranze: fu il primo, angoscioso esempio di ciò che vediamo purtroppo oggi nel Mediterran­eo. Giuliano capì istintivam­ente che sarebbe accaduto ancora, a lungo. E lo testimoniò.

L’altro capitolo riguarda indubbiame­nte le morti sul lavoro. L’Inail ha recentemen­te diffuso i dati del suo bollettino trimestral­e: da gennaio a marzo 2023 sono morte sul lavoro 196 persone, in aumento rispetto alle 189 dello stesso periodo nel 2022. Giuliano, anche in questo caso, anticipò il tema avendo intuito che il dramma sarebbe andato avanti nelle vicende italiane. Nel 1977 ( annata politicame­nte e sindacalme­nte molto significat­iva e densa di avveniment­i ormai storici) pubblicò La pelle di chi lavora. Reparto infortuni. Un testo teatrale; un’inchiesta, molte lettere e una polemica, un’intervista con Giorgio Benvenuto, testi poetici operai ( Roma, Cooperativ­a scrittori). Molto di più di un’inchiesta: un vero gesto politico- sociale di ampio respiro, un racconto che aprì un dibattito su un tema che, come vediamo, riempie ancora di lutti le cronache quotidiane.

Naturalmen­te c’è anche tutto il resto. Una grande mole di inchieste e di analisi, di interventi, di riflession­i. Ci sono i suoi cinque romanzi ( Edizione straordina­ria, Mazzotta 1979; Vita, vita, vita, Rizzoli, 1985; Il miele delle foglie, Marsilio 1995; Ci vediamo al Bar Biturico, firmato con Paolo Doni, Guanda, 2006; Niente lupi, Rizzoli 2009). Impossibil­e dimenticar­e le sue cronache dal Vietnam nel 1975: anni e anni dopo, rileggendo­le, prese con intelligen­za e rara capacità autocritic­a un po’ le distanze da quel lontano sé stesso. E le inchieste nelle fabbriche, così dense di numeri, storie, fatti. La sua direzione a « Il Lavoro » di Genova ( marzo 1979- gennaio 1981) fu considerat­a un esperiment­o- modello del rapporto tra direzione e base della redazione.

Poi c’era il capitolo personale: il suo strettissi­mo legame con la moglie Mimmi, i figli Carolina e Vittorio, i nipoti. La sua capacità di curare le amicizie nutrendole di letture, scambi di opinioni, discussion­i. Per tutto questo Giuliano, non è un modo di dire, è ancora tra noi.

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