«Non siamo computer»
Brian Eno: «L’intelligenza artificiale è noiosa Anche nella musica alla fine vincono i sentimenti» Leone d’oro al compositore e produttore, star dell’elettronica
« Smettetela di dire che vado in tour. Poi la gente pensa di vedermi al microfono che scuoto i capelli, ma per prima cosa non ho i capelli » . Brian Eno scherza ( ma non troppo) sull’entusiasmo nato dopo la notizia che perla prima volta nella sua lunga carriera farà una serie di concerti solisti: l’occasione è il Leone d’oro che riceverà il 22 ottobre dalla Biennale Musica di Venezia. Il musicista britannico, 75 anni, compositore, visual artist, produttore ( ha lavorato con David Bowie, Talkin Heads, U2, suonato nei Roxy Music, ma del passato non parla), sperimentatore elettronico e padre della musica ambient, il giorno prima sarà alla Fenice con « Ships » , spettacolo che poi porterà in altre quattro città europee.
Cosa sarà allora « Ships » ?
« È un progetto nato quando Lucia Ronchetti, direttrice della Biennale Musica, mi ha chiesto di f are una performance solista. Io le ho detto di no, sia chiaro. Tuttavia è partita l’idea di mettere in forma orchestrale “The ship”, lavoro che ho pubblicato quasi otto anni fa, più qualche altro mio brano. Vorrei anche scrivere un pezzo nuovo per l’occasione. Io sarò sul palco per gran parte del tempo e credo che sarà fantastico, sto lavorando con la Baltic Sea Phil harmonic, una giovane orchestra meravigliosa » .
Che effetto le fa ricevere il Leone d’oro?
« Sono stato molto sorpreso e lusingato, non me lo aspettavo. Un giorno ho ricevuto un’ e-mail che melo annunciava e pensavo fosse uno scherzo: sono davvero grato » .
Come mai le sue apparizioni live sono così rare?
« Per me qualunque tipo di l i ve è i nefficiente: serve un mese di lavoro per preparare un concerto. In questo caso allora ne facciamo più d’uno. Io stesso non vado molto ai concerti e se lo faccio scelgo quelli piccoli. Le date che faremo in autunno già sono al limite, ma penso che saranno una bella sfida: mi spaventano, ma credo che mi porteranno in luoghi dove musicalmente non sono mai stato » .
Quindi c’è qualcosa che le interessa del live.
« In un’era in cui tutto sta diventando riproducibile, quel che non lo è acquista valore. Il concerto è il luogo in cui ricevi la massima attenzione del pubblico. Beh, alcuni guardano il telefono, ma è comunque un privilegio poter avere quel livello di attenzione » .
La preoccupa il modo rapido in cui si ascolta la musica oggi?
« Non mi spaventa perché vedo anche un certo appetito per i brani molto lunghi. Credo si sia allargato lo spettro della fruizione: da un lato abbiamo un’esperienza breve e veloce, come su TikTok, ma all’altra estremità c’è la musica ambient, chiamata in modo i mbarazzante New Age, che vende come mai prima d’ora. Quel che mi spaventa è la distrazione e la difficoltà di trovare uno spazio in cui pensare. Io ho preso l’abitudine di andare i n piscina per avere una ventina di minuti in cui non succede veramente nulla. Pago l ’abbonamento per 20 minuti di pace al giorno: abbastanza costoso » .
Ha pensato di fare come Bob Dylan che vieta i telefonini ai concerti?
« Di base non mi piace vietare le cose. E poi non mi preoccupa che la gente faccia video o foto, ma che disturbi gli altri. Quel che trovo strano è
Il problema del progresso tecnologico è lo stesso dei social: non sappiamo mettere dei limiti e non abbiamo poteri per le regole Amo la scienza ma in realtà penso che prima di tutto dovremmo avere un’educazione emotiva L’arte non è calcolo
Britannico vedere la gente che fa video guardando il telefonino e non il palco, mi dico, “sei idiota? Hai pagato 90 euro e non sei nemmeno presente” » .
Impossibile non chiederle dell’Intelligenza artificiale.
« La gente pensa che io sappia cosa succederà, ma non ne ho idea. Io lavoro con i sistemi generativi e una delle cose che noti quando usi un po’ di Intelligenza artificiale è che la prima volta sembra incredibile e poi diventa velocemente noiosa. Credo che non diamo abbastanza importanza alle nostre capacità: temiamo l’ Intelligenza artificiale solo perché non ci rendiamo conto di quanto siamo intelligenti noi. Una voltas tavolavorand o con LarryMullen, il batterista degli U2, ed è riuscito a sentire a orecchio un errore di sei millisecondi. Non ci credeva neanche lui » .
Non ci sono rischi quindi?
« Il problema è lo stesso dei social: non sappiamo mettere dei limiti. Realizziamo tecnologie potenti ed entusiasmanti e ci tuffiamo dentro lasciandole andare in tutte le direzioni, alcune belle e altre catastrofiche, come Donald Trump che è stato un risultato dei social media. Non mettendo freni, non abbiamo poi i poteri per regolamentare » .
Qual è il ruolo dell’artista?
« È una domanda su cui lavoro da 62 anni e mi auguro di arrivare prima o poi a una risposta breve. Ma ha a che fare con i sentimenti. Tendiamo a pensare che solo le cose che possono essere misurate siano reali: Rishi Sunak dice che serve una formazione più matematica e io amo la scienza, ma in realtà penso che prima di tutto dovremmo avere un’educazione emotiva. Prendiamo le decisioni più importanti in base alle sensazioni, non in base al calcolo. Non siamo dei computer: siamo cose con sentimenti. E i sentimenti e le emozioni sono il linguaggio dell’arte » .
Ha detto che negli anni 70 ha lasciato i Roxy Music perché sul palco si era ritrovato a pensare a quando avrebbe avuto il tempo di fare il bucato. Ora penserà al bucato?
« Ora ho una lavatrice » .