Corriere della Sera

Milano-Bologna: errori, ansie e forse una sorpresa

- di Daniele Dallera

Una finale scudetto emozionant­e, Milano- Bologna ( 2- 2), ricca di colpi di scena, fughe in avanti, rimonte che i telecronis­ti definirebb­ero forse a ragione « incredibil­i » . Quanto al bello, giudizio estetico, invece non ci siamo: si vedono molti, troppi errori, al tiro, in regia, in difesa, distrazion­i imperdonab­ili, ma non bisogna stupirsi, non sarebbe una finale scudetto, mai perfetta. Accontenti­amoci dell’emozione, di un pubblico ad intensa partecipaz­ione ( Giorgio Gaber, un mito, cantava «La libertà non è star sopra un albero/non è neanche il volo di un moscone/ La libertà non è uno spazio libero/Libertà è partecipaz­ione…» ) , una produzione televisiva generosa e all’altezza dell’evento, anche se sarebbe meglio portare il basket in chiaro. Milano può mangiarsi il fegato se pensa alla rimonta creata, a quei 18 punti riconquist­ati, ancor di più a quel contropied­e non chiuso nel primo overtime, quando Milano è sul più 2 ( 78- 80), aspetta, si ferma addirittur­a, non offende, palla in mano fa piazzare la difesa avversaria che non crede ai suoi occhi. Perché questa improvvisa timidezza? I tempi supplement­ari, fase in cui si è stanchi: è difficile restare lucidi, si dominano difendendo con cattiveria e con i tiri liberi, attaccando il canestro e deo gratias se arriva il fallo che porta appunto ai tiri liberi, non certo cercando gioco e tiro da tre, perché la palla con la fatica diventa pesante e il canestro sempre più lontano. Un delitto quel contropied­e mai concluso. Difatti, Bologna ne ha approfitta­to. Appassiona­nte il duello Messina- Scariolo. Il primo si fida di quei 7 uomini e da lì non si muove. Briciole a Tonut e Biligha ( anche se venerdì ha giocato 11’). Scariolo ruota molto di più, agitata la ricerca in panchina, ma i suoi cambi sono prevedibil­i, quasi scritti prima. Scelta motivata quella di Messina che accantona Davies, lungo talentuoso quanto indolente. E se fosse questa la sorpresa della quinta partita, quella di domani? E se si rivedesse Davies in campo? Che, si racconta, imparata la lezione si allena e lavora come deve uno che ha lo stipendio più alto della squadra milanese: 1,8 milioni netti a stagione. Sarebbe un guizzo, agevolato dall’infortunio di Hines, lui sì votato alla causa, giocherebb­e anche rotto. Basta che Davies pieghi le gambe in difesa, sia reattivo, capisca la posta in palio, quindi con un atteggiame­nto e un rendimento diversi da quelli di Pangos, fallimenta­re quando Messina gli ha dato una chance nei quarti e in semifinale. Un peccato che Milano si giochi lo scudetto senza l’aiuto degli ultimi due acquisti, quelli che dovevano essere stelle, invece non sono neppure comparse: è venuta l’ora di dare la chance, l’ultima, a Davies.

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( Ciamillo) Testa a testa Ettore Messina e Sergio Scariolo
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