Milano-Bologna: errori, ansie e forse una sorpresa
Una finale scudetto emozionante, Milano- Bologna ( 2- 2), ricca di colpi di scena, fughe in avanti, rimonte che i telecronisti definirebbero forse a ragione « incredibili » . Quanto al bello, giudizio estetico, invece non ci siamo: si vedono molti, troppi errori, al tiro, in regia, in difesa, distrazioni imperdonabili, ma non bisogna stupirsi, non sarebbe una finale scudetto, mai perfetta. Accontentiamoci dell’emozione, di un pubblico ad intensa partecipazione ( Giorgio Gaber, un mito, cantava «La libertà non è star sopra un albero/non è neanche il volo di un moscone/ La libertà non è uno spazio libero/Libertà è partecipazione…» ) , una produzione televisiva generosa e all’altezza dell’evento, anche se sarebbe meglio portare il basket in chiaro. Milano può mangiarsi il fegato se pensa alla rimonta creata, a quei 18 punti riconquistati, ancor di più a quel contropiede non chiuso nel primo overtime, quando Milano è sul più 2 ( 78- 80), aspetta, si ferma addirittura, non offende, palla in mano fa piazzare la difesa avversaria che non crede ai suoi occhi. Perché questa improvvisa timidezza? I tempi supplementari, fase in cui si è stanchi: è difficile restare lucidi, si dominano difendendo con cattiveria e con i tiri liberi, attaccando il canestro e deo gratias se arriva il fallo che porta appunto ai tiri liberi, non certo cercando gioco e tiro da tre, perché la palla con la fatica diventa pesante e il canestro sempre più lontano. Un delitto quel contropiede mai concluso. Difatti, Bologna ne ha approfittato. Appassionante il duello Messina- Scariolo. Il primo si fida di quei 7 uomini e da lì non si muove. Briciole a Tonut e Biligha ( anche se venerdì ha giocato 11’). Scariolo ruota molto di più, agitata la ricerca in panchina, ma i suoi cambi sono prevedibili, quasi scritti prima. Scelta motivata quella di Messina che accantona Davies, lungo talentuoso quanto indolente. E se fosse questa la sorpresa della quinta partita, quella di domani? E se si rivedesse Davies in campo? Che, si racconta, imparata la lezione si allena e lavora come deve uno che ha lo stipendio più alto della squadra milanese: 1,8 milioni netti a stagione. Sarebbe un guizzo, agevolato dall’infortunio di Hines, lui sì votato alla causa, giocherebbe anche rotto. Basta che Davies pieghi le gambe in difesa, sia reattivo, capisca la posta in palio, quindi con un atteggiamento e un rendimento diversi da quelli di Pangos, fallimentare quando Messina gli ha dato una chance nei quarti e in semifinale. Un peccato che Milano si giochi lo scudetto senza l’aiuto degli ultimi due acquisti, quelli che dovevano essere stelle, invece non sono neppure comparse: è venuta l’ora di dare la chance, l’ultima, a Davies.