LA PIZZA DOVREBBE ESSERE «A TAGLIE»
La pizza dovrebbe avere le taglie, come i vestiti. È patrimonio dell’umanità dal 2017, è una magnifica invenzione sociale, l’unica preparazione economica e gustosa capace di riunire in un locale persone di tutte le età. Va detto però che la porzione standard può risultare troppo grande.
● LA QUANTITÀ La base di una pizza surgelata o servita in pizzeria pesa di solito sui 300 grammi. Stiamo parlando cioè di tre volte e passa la quantità di spaghetti o pane ( 80 grammi circa) raccomandata dalle Linee guida nutrizionali italiane per una dieta da duemila calorie, cioè adatta a una donna in salute che fa moderata attività fisica e a un uomo dalla vita sedentaria.
● TAGLIE « L » O « S » La taglia « Large » delle cene fuori è una misura per adolescenti e sportivoni: una Margherita apporta circa 815 calorie, che salgono nella Diavola o nella Capricciosa. Soluzioni per chi volesse una « Small » sono fare a metà con un commensale, portarsi a casa un pezzo non consumato o chiedere una versione mignon dove fosse possibile, una pizza baby per adulti. Un’altra idea è godersi la « L » ma passeggiare dopo la pizzeria e ripromettersi di fare movimento l’indomani e di non esagerare a tavola.
● LA BILANCIA Nessuno si allarmi comunque se il giorno successivo vede sulla bilancia fino a un chilo in più: è una situazione transitoria e si deve alla ritenzione idrica legata al surplus di sodio. Di solito una pizza « L » ha 6- 7 grammi di sale, che tra l’altro è più del tetto che l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di non superare al giorno ( 5 grammi).
● LE VERDURE Consiglio per tutti: ordinare un’insalata, un contorno di spinaci o prendere direttamente una pizza con funghi o verdure sopra. È un trucco per ridurre l’impatto glicemico della farina raffinata, che di solito viene servita ai tavoli. Le fibre dei vegetali sono in grado di rallentare l’assorbimento degli zuccheri durante la digestione. Per la stessa ragione, la pizza con farina integrale sarebbe preferibile.
La revisione è della nutrizionista Lucilla Titta, coordinatrice del programma Smartfood allo Ieo- Istituto europeo di oncologia