Il ruolo del medico di famiglia per i malati di tumore
Una figura fondamentale, non solo per la prevenzione e la diagnosi precoce, ma anche per le cure e la riabilitazione
Quando si ha un cancro, dal momento in cui si conclude l’iter diagnostico e si inizia la terapia fino alla fine della malattia, è importante affidarsi anche al proprio medico di medicina generale. Senza pensare che si debba avere un rapporto solo con l’oncologo dell’ospedale.
« È un diritto essere assistiti dal proprio medico durante le cure, la riabilitazione e il follow- up ( la fase di sorveglianz a con vi s i te periodiche di controllo per escludere recidive della malattia, ndr), e per la gestione delle altre comorbilità — puntualizza Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società italiana di medicina generale ( Simg) —. Il problema è che la collaborazione tra il reparto e il medico di famiglia non è quasi mai strutturata in un percorso clinico- assistenziale condiviso ed è il paziente che nella maggior parte dei casi si trova a fare da punto di raccordo, portandoci i referti e informandoci » .
Reti oncologiche
Ciò accade perché le Reti oncologiche regionali, recepite dalle Regioni con il decreto ministeriale 70 del 2015, che definiscono un’organizzazione omogenea degli interventi sul territorio e la continuità dell’assistenza fuori dall’ospedale, risultano assenti in oltre la metà del Paese e anche dove esistono « il coinvolgimento del medico di medicina generale è ancora insufficiente » sottolinea Brignoli.
Fattori di rischio
Il medico di famiglia ha un ruolo chiave già nella prevenzione e nella diagnosi precoce dei tumori. « Deve individuare gli assistiti confatto ridi rischio legati agli stili di vita scorretti, quali fumo, eccesso di alcol, sedentarietà, sovrappeso e obesità, e sottoporli a esami del caso—osserva Gaetano Pi cci nocchi, vicepresidente della Si mg perla Campania —. Inoltre, è fondamentale che i cittadini aderiscano agli inviti per gli screening oncologici offerti gratuitamente dal Ssn, utili a identificare precocemente il cancro della cervice uterina, del seno e colon retto, e se mancano all’appuntamento chiedano al medico la prescrizione del test su ricetta con codice di esenzione, senza ricorrere al privato » .
Sintomi e segni
In caso di segnali d’allarme di una possibile neoplasia, come « perdite ematiche vaginali anomale, sangue nelle feci o nelle urine, noduli al seno, dolori addominali persistenti, tosse cronica a volte con strie di sangue nel muco oral e, alterazione dell’emocromo, perdita dell’appetito e del peso o febbre ricorrente — continua Piccinocchi —, è bene rivolgersi subito al medico di base, che può indicare gli esami per verificare il sospetto e indirizzare il paziente dallo specialista » . « In Campania possiamo inoltrare la richiesta di visita specialistica mediante la piattaforma web della Rete oncologica e nel giro di una settimana il paziente viene preso in carico dal cent ro oncologico più vicino e non si dovrà più arrangiare per le prenotazioni e la ricerca delle strutture » , aggiunge.
Gestione della terapia
Superatala fase acuta della malattia, il medico di famiglia diventa la figura di riferimento per prevenire e gestir egli eventuali effetti avversi delle terapie, come nausea, vomito, diarrea, inappetenza. «Possiamo attivare dei teleconsulti con gli specialisti. La crescita esponenziale dei trattamenti anticancro oggi rende necessaria una formazione specifica continua da parte nostra, che spetterebbe alle aziende sanitarie organizzare » sottolinea Brignoli. Terminate le cure, il medico di famiglia va chiamato in causa per la pianificazione del follow up, la riabilitazione e il monitoraggio della terapia di mantenimento se indicata.
«In qualsiasi fase della malattia, per alleviare i sintomi, evitare complicanze e migliorare la qualità di vita, possiamo avviare nutrizione artificiale, terapia del dolore e cure palliative a domicilio o in hospice» conclude Piccinocchi.
Il problema è che la collaborazione tra il reparto e il medico di famiglia non è quasi mai strutturata