Ogni anno 30-40 arrestati «Ma chiamateli incendiari»
Come si fa sulla scena di un omicidio. Solo che qui il «cadavere» è il bosco, «l’assassino» è il fuoco. Gli inquirenti osservano l’area andata in fumo, isolano dettagli, esaminano la «vittima», prelevano reperti, cercano di capire come si è mosso il rogo. E cercano il mandante.
Nella grandissima maggioranza dei casi la conclusione è che i piromani non c’entrano niente. O meglio: l’accezione comune definisce «piromani» persone che in realtà sarebbe molto più corretto chiamare con il loro nome: incendiari. Perché un piromane è una persona che ha un’ossessione per il fuoco e per i suoi effetti, in sostanza un malato psichico. L’incendiaro, invece, è chi — per dolo o per colpa — appicca le fiamme da cui parte un incendio boschivo. E di quelli, a differenza dei piromani, ne abbiamo moltissimi.
Il generale Marco Di Fonzo è il comandante del Nucleo Informativo Antincendio Boschivo dei carabinieri. Dice che «è diventata una mia battaglia personale far capire la differenza fra quelle due parole, anche perché poi, nella realtà, i casi di incendi causati da piromani non arrivano nemmeno al 2 per cento del totale. Tutto il resto è legato o a cause accidentali — e quindi parliamo di colpa — oppure è voluto, perciò doloso».
I roghi colposi non soltanto sono mediamente più dei dolosi ma «sono anche i più pericolosi», valuta il generale, che parla delle sole regioni a statuto ordinario perché in quelle a statuto speciale (come Sardegna e Sicilia) la competenza per gli incendi è regionale. E comunque anche dalla Sardegna — per dire — arrivano dati uguali a quelli nazionali.
Di più e più pericolosi gli incendi per colpa, dicevamo. Il generale Di Fonzo lo spiega così: «Le cose cambiano da regione a regione ma la media nazionale ci dice che solo un incendio su tre è doloso, gli altri due sono colposi. E sono più rischiosi perché non te li aspetti. Accadono nelle condizioni più disparate, magari in luoghi dove non c’è la possibilità di interventi immediati, tipo in alta montagna».
Distrazione, imperizia, negligenza, sottovalutazione. Come la brace abbandonata dopo la grigliata al bivacco o le sterpaglie incendiate «che tanto le guardo bruciare». Basta un niente per perdere il controllo di un fuoco. Soprattutto se le temperature sono oltre i 35-40 gradi e se entrano in scena venti sostenuti e caldissimi. «Bruciare stoppie e potature è lecito ma non nei periodi di massima pericolosità, cioè da metà giugno a metà settembre», ricorda il generale. E invece basta fare una gita in qualunque luogo di collina o montagna per vedere decine di pennacchi di fumo, cioè qualcuno che sta bruciando frasche ed erba secca. Anziani, quasi sempre.
E a proposito di anziani. A volte, dopo giorni passati a spegnere incendi partiti da roghi di erba e sterpaglie, c’è chi stempera la stanchezza con una battuta. «Fra noi, per scherzare, ci diciamo che se dovessimo tracciare un profilo del nostro criminale scriveremmo: maschio, bianco, più di 80 anni!» racconta Filippo Micillo, ex comandante del Corpo Forestale in Liguria e adesso dirigente superiore dei Vigili del fuoco nel Servizio antincendio boschivo. «Abbiamo provato anche a fare incontri, campagne, con le associazioni di categoria degli agricoltori per provare a limitare l’uso estivo del fuoco per queste attività, ma niente: non si riesce a debellarle. E poi purtroppo proprio gli anziani spesso sono anche le vittime di queste operazioni, perché si impauriscono, cercano di spegnere le fiamme...»
Se hai a che fare con il fuoco doloso puoi essere davanti a una vendetta fra vicini, a un pastore che vuole l’erbetta appena nata per le sue bestie a settembre, a un teppista, a qualcuno che vive in un parco e ha risentimenti verso la pubblica amministrazione. In Italia si arrestano in media 30-40 incendiari ogni anno. L’utilizzo dei droni aiuta ma i criminali del fuoco «seri», diciamo così, sanno fin troppo bene come sfuggire la controllo dal cielo. Per incendio boschivo doloso si rischia da 4 a 10 anni di carcere, pena aumentata della metà se il danno è ritenuto «grave, esteso e persistente per ambiente».
E per favore basta con la castroneria dell’erba secca che prende fuoco per il troppo caldo. La sola causa naturale del fuoco sono i fulmini. Il dottor Micillo dice che «sono responsabili dell’1% degli incendi e in questi anni ne notiamo più che altrove in Friuli-Venezia Giulia».