«Papà, tu ci hai dato coraggio»
I funerali di Purgatori, l’addio dei figli e gli applausi: «Per noi ci sei sempre stato»
«“Papà è vero che non muori?” gli chiedevo da bambina e ancora di recente e lui mi ha sempre rassicurato dicendo di no. Ora che non c’è più, non posso dire che non ha mantenuto la sua promessa perché sarà sempre con me». Nella “chiesa degli Artisti” (la basilica di santa Maria in Montesanto) a piazza del Popolo il feretro di Andrea Purgatori arriva in spalla a quattro vigili del fuoco ed esce tra gli applausi di quanti lo sono venuti a salutare per l’ultima volta, dopo le parole di sua figlia Victoria, che aggiunge il suo ricordo personale a quello dei fratelli. «Mio padre era ansioso, burbero e sempre protagonista — dice Ludovico — ma racchiudeva un immenso cuore. Ansioso per le persone amate, burbero per la continua ricerca della perfezione e protagonista per trasmettere i valori in cui credeva di più». Poi l’aneddoto scherzoso: sulle telefonate quotidiane di identica durata, 63 secondi: «Era sempre di fretta, ma nei momenti importanti c’è sempre stato».
Nelle prime file, l’editore di Corriere della Sera e La7 Urbano Cairo, che dice: «Purgatori ha insegnato a non fermarsi ad apparenti verità e fare giornalismo di inchiesta senza cercare scorciatoie». Al suo fianco l’ad dell’emittente Marco Ghigliani, e il direttore Andrea Salerno. Poi Enrico Mentana, direttore del Tg de La7, la redazione di Atlantide e tanti volti della rete tv, assieme ad attori, registi, autori (la XX edizione della Giornata degli autori in programma parallelamente a Venezia 80 dal 30 agosto al 29 settembre, sarà dedicata a lui), magistrati, direttori e firme dei principali media italiani, esponenti della società civile e ai moltissimi amici.
«Questa basilica non contiene la vostra stima nei confronti di Andrea — esordisce don Walter Insero ripercorrendo la sua vita non solo professionale —. Lo ricordiamo con gratitudine come giornalista di inchiesta, saggista e tanto altro. Forte e ironico fino alla fine, riservato e coraggioso anche nella malattia, amava la vita in tutte le sue forme: ridere, ballare, mangiare, era padre premuroso e stava imparando a fare il nonno. La verità che ha sempre cercato oggi la trova in Cristo». Alla destra dell’altare c’è una sua gigantografia, la stessa foto in grande che era esposta giovedì alla camera ardente. L’hanno portata i figli che si stringono tutto il tempo tra loro assieme alla madre Nicole Schmitz. Per ultimo parla il più grande dei tre, Edoardo: «In questi due mesi di malattia vissuti in simbiosi ho capito davvero la quantità di cose che portava avanti nella sua vita. Io e i miei fratelli in tre facevamo fatica a star dietro a tutti gli impegni. Mio padre poteva essere faticosissimo ma non potevi non amarlo. Gli ultimi giorni li ha passati a ricordare vecchi film e fino all’ultimo ci siamo fatti delle grandi risate. Ci ha dato coraggio con la sicurezza che non lo avremmo mai perso. Spero ti arrivi tutto il nostro amore, papà». Poi la lettura della «Preghiera degli Artisti», prima che i vigili del fuoco, in tenuta da pronto intervento, riprendano in spalla il feretro per portarlo all’uscita: «Avevamo chiesto noi di poter avere questo onore — spiega Piero Moscardini, ex funzionario del corpo di Roma - lo conobbi a 19 anni quando era un giovane cronista e capii che sarebbe diventato un grande giornalista. Lo ritrovai sul luogo del ritrovamento dei resti dell’aereo di Ustica e con lui c’è sempre stato un rapporto speciale, anche di amicizia. Questo è il nostro modo di rendergli omaggio».
L’editore
Urbano Cairo: «Ha insegnato a non fermarsi mai alle apparenti verità»