Milano e la Scala: un copione ideale per un programma tv
«Milano è la Scala e la Scala è Milano. Non esiste al mondo identificazione più completa fra una città e il suo teatro, e viceversa. O forse sì: Vienna con la Staatsoper. Uguali l’attenzione un po’ isterica, l’orgoglio campanilista, la chiacchiera incessante che accompagna ogni momento della vita, artistica e no, delle venerande istituzioni».
In questo libro è contenuto un programma tv che, ne sono sicuro, sarebbe bellissimo. Certo, è ancora da realizzare ma c’è già l’idea, il treatment, persino il commento per un fantastico «viaggio sentimentale nel Paese del melodramma».
Il libro si chiama Gran Teatro Italia (Garzanti) ed è stato scritto da Alberto Mattioli, il nostro più colto e brillante esperto di teatro musicale.
Mattioli racconta i teatri d’opera d’Italia. Lo fa con una grazia, una competenza, una curiosità che contagiano immediatamente il lettore. Per questo ho vissuto ogni capitolo come una puntata di un ideale viaggio in Italia: mi auguro che qualche produttore non si lasci sfuggire questa formidabile occasione e sappia trasformare in immagine questo itinerario pieno di vicende umane e sociali. Forse l’Italia dei Teatri è più interessante, sicuramente più allegra, dell’Italia dei Campanili, delle divisioni, delle lotte.
La cultura del melodramma aveva trovato terreno favorevole nell’organizzazione urbanistica delle città nate dall’esperienza comunale: il cuore del nucleo urbano riuniva gente di ogni mestiere e corporazione dando luogo a un tessuto sociale estremamente differenziato.
Non per caso, il melodramma sorse e prosperò soprattutto in Italia e in quelle regioni d’Occidente dove la città comunale si era strutturata sul modello della polis. Per questo Torino è un racconto, Venezia un altro, Napoli un altro ancora come se Mattioli fosse riuscito a dare voce a infinite storie rimaste impigliate in platea, in galleria, nei palchi dei tanti teatri.
Lo ripeto, il programma è già scritto: le immagini potrebbero solo illustrarci meglio quanto il teatro d’opera sia l’involontaria messinscena di una civiltà.