«ERA» TWITTER, ETIMOLOGIA DI UNA RINUNCIA
Etimologia del fu Twitter. La formula «caso e necessità», sintesi dei meccanismi profondi dell’evoluzione secondo Darwin, sembra valere anche per i brand: l’idea originaria era di battezzare la società Stat.us, un servizio di sms per condividere in un gruppo di amici ciò che si stava facendo (appunto lo «status» in inglese). Il progetto venne buttato giù nel 2001 da Jack Dorsay su un foglio di un blocknotes a righe, fatto della stessa carta che ha contribuito a spingere verso l’estinzione. L’iPhone allora non esisteva ancora (arriverà solo nel 2007): bisognava dunque usare una di quelle minuscole tastierine del cellulare dove il 2 era «abc», il 3 «def». L’incubo era il 7: «pqrs». Ecco perché i messaggi erano ridotti a 140 caratteri: una necessità, non una capacità divinatoria sull’involuzione sintattica del nuovo millennio. Ecco poi il caso: visti i soli 140 caratteri Noah Glass ebbe l’idea di richiamare il tweet, il cinguettio. Lui venne cacciato e sostanzialmente dimenticato dalla storia. Ma si tennero l’idea. Peccato che si scoprì che twitter.com era occupato da un appassionato di ornitologia. Si pensò allora a Twttr (ancora oggi se digitate twttr.com planate sul sito giusto). Esercizio troppo disgrafico. La storia conferma anche che la passione per l’ornitologia non ha mai portato soldi: il dominio twitter.com venne alla fine ceduto poche settimane prima del lancio ufficiale per 7.500 dollari. Al tempo per usare il servizio sulla rete telefonica serviva un codice: 40404. Oggi la chiamiamo preistoria. Forse senza il giusto rimpianto. Per anni non abbiamo capito che «Verba volant, tweets manent». Molti politici ne hanno pagato le conseguenze. Per altri un tweet è stato come i diamanti: per sempre. Ora si può dire che Musk ci ha messo una X sopra, anche su uno dei loghi più eleganti della storia. Twitter riposa in pace. Lunga vita a Twitter.