Auto, cinque cinesi per l’Italia Spunta l’ipotesi del gigante Byd
La ricerca di un altro costruttore oltre a Stellantis per il Paese. Il nodo delle fabbriche
Il governo è alla ricerca di un secondo costruttore per l’Italia. Una casa estera da affiancare e, perché no, mettere in concorrenza con Stellantis che non ha esitato a far leva sulla competizione fra Stati per ottenere più incentivi.
Nella lista dei candidati vi sarebbero almeno cinque gruppi cinesi, tutti interessati all’Europa, dove nel 2023 le case del Dragone hanno venduto 353 mila vetture (+75%). Se la crescita dovesse continuare a tale ritmo, Byd, Geely, Chery o Saic potrebbero localizzare la produzione nel Vecchio Continente, se non altro per scongiurare il rischio di dazi sulle importazioni. Per i porti, la filiera e le tante fabbriche sottoutilizzate, l’Italia sarebbe una meta ideale.
Byd è stata la prima a uscire allo scoperto. Durante il salone dell’auto di Ginevra, il gruppo ha rivelato di aver parlato con l’esecutivo, salvo poi precisare che le discussioni si sono interrotte dopo che la scelta per la prima fabbrica in Ue è caduta sull’Ungheria. La costruzione di un secondo sito «dipenderà dalle nostre vendite», ha precisato Byd. Per ora, nonostante i progressi, i numeri non sembrano giustificare un aumento della capacità produttiva. Nel 2023 Byd ha immatricolato 13 mila vetture nel Vecchio Continente, l’impianto magiaro ne sfornerà fino a 150 mila all’anno: c’è, insomma, tempo per pensare ad altri impianti.
«Abbiamo contatti con diverse case automobilistiche», ha precisato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. I dialoghi sarebbero ancora a livello tecnico. Fra gli addetti ai lavori, però, circolano i nomi di altri quattro gruppi cinesi, a vario titolo collegati al Paese. Chery, che già fornisce i componenti poi assemblati dalla molisana Dr Motor. Geely, il conglomerato che controlla la svedese Volvo, il marchio Lynk & Co e Lotus, già in passato autore di alcuni carotaggi preliminari nella Motor Valley emiliana. L’inglese Mg, di proprietà del colosso Saic, primo marchio «cinese» per vendite in Italia (oltre 30 mila nel 2023). Più defilato, il gigante Great Wall Motors, presente in Ue con i brand Ora e Wey. «Siamo l’unico Paese europeo ad avere un solo produttore di auto», ha ricordato Urso. «Negli altri Paesi Ue, produttori storici di auto come il nostro, vi sono più costruttori in competizione tra loro e noi ci auguriamo che ciò possa accadere anche in Italia per rafforzare la filiera dell’automotive, che fornisce componenti importanti, significativi, non solo a Stellantis, ma anche ad altre che producono all’estero».
Il rapporto fra i fornitori italiani e i costruttori cinesi sarebbe però da costruire. Gran parte delle case di Pechino si appoggia alla filiera dell’elettrico domestica, mentre Byd produce «in proprio» l’80% dei componenti. I benefici per l’indotto sarebbero quindi da valutare. Ecco perché, secondo gli esperti, la soluzione ideale per l’Italia sarebbe attrarre Toyota. Il colosso giapponese conosce bene il mercato e la qualità della filiera italiana perché già produce veicoli commerciali nel polo di Atessa grazie a un accordo proprio con Stellantis.