IL DISAPPUNTO NEL GOVERNO PER LE SPINTE FILORUSSE
Il disappunto del governo italiano era prevedibile. Il vicepremier Matteo Salvini, capo della Lega, con la sua presa d’atto della vittoria elettorale di Vladimir Putin, ha riproposto il tema delle prossime Europee: la presenza di una lobby filorussa in alcune forze politiche. A colpire non sono solo la netta presa di distanza del ministro degli Esteri e vicepremier di Forza Italia, Antonio Tajani; né le critiche al silenzio della premier Giorgia Meloni, interrotto solo ieri sera. A misurare l’effetto delle parole salviniane sono, piuttosto, prima la parziale correzione con una nota della Lega; poi l’invito rivolto dal Ppe ai ministri degli Esteri riuniti ieri a Bruxelles a dichiarare l’illegittimità delle elezioni in Russia; e dunque a non considerare Putin il presidente della Federazione. Posizione durissima, che risente dell’aggressione di Mosca contro l’ucraina; e delle immagini di militari russi dentro i seggi per intimidire chi votava. Non a caso, il Quirinale non ha inviato un messaggio di congratulazioni a Mosca. Anche per questo, le dichiarazioni di Salvini quando si è saputo che Putin aveva ricevuto quasi l’88%, sono apparse come minimo stonate. «In Russia hanno votato. Quando un popolo vota ha sempre ragione» ha detto. Ma poco dopo la Lega ha corretto: «Non diamo un giudizio positivo o negativo, prendiamo atto e lavoriamo (spero tutti insieme) per la fine della guerra». Tajani non poteva che precisare: «La politica estera la fa il ministro degli Esteri. Le elezioni sono state caratterizzate da pressioni forti e anche violente. Aleksei Navalny è stato escluso con un omicidio. Abbiamo visto le immagini di soldati nelle urne». È un modo per rivendicare il proprio ruolo, e per permettere alla premier di non ufficializzare l’irritazione verso l’alleato. Ma rimane il tema di un esecutivo che ha al vertice un partito solidale con Putin. E pazienza se nelle opposizioni spicca la reticenza del Movimento 5 Stelle, da tempo critico con Nato e Ucraina: i grillini non governano. Per la maggioranza, invece, si ripropone un problema che la divide sia all’interno, sia in vista delle Europee. Il successo di Putin dà ossigeno a quell’ «eurosovranismo» convinto di una vittoria russa contro l’ucraina e l’occidente; e schierato nelle presidenziali statunitensi con Donald Trump, visto come alleato oggettivo di Putin nel tagliare i fondi a Kiev, e nell’ostilità alla Nato. La determinazione delle forze europeiste contro questa deriva si spiega con la sensazione che la propaganda di Mosca stia aumentando la pressione. E faccia leva, oltre che sul pacifismo controverso delle gerarchie cattoliche, sul populismo di destra e di sinistra: accomunati dall’ostilità agli Usa e a questa Europa.