Corriere della Sera

«Ero pagato meno di Little Tony, ma in tre anni cambiai 47 auto Sbirciavo di nascosto la Zanicchi Il gel mi riempiva di forfora»

- Di Giovanna Cavalli

«La Ricordi mi voleva cacciare, dicevano che avevo i bassi di Frankenste­in e il falsetto di un castrato della Cappella Sistina. Però ero il cocco del direttore Mariano Rapetti, padre di Mogol. “Ce l’hai una canzone?”. “Avrei un pezzo che ho scritto in cucina, mentre mamma lessava le patate”. “E come fa?” “Forse dietro quella duna, quando spunterà la luna”».

Oddio, proprio bello il testo non era.

«Infatti l’hanno riscritto, ma la musica era forte. Ed è diventata: “Da una lacrima sul viso, ho capito tante cose”. La sentì Gianni Ravera, che mi trascinò in camerino. “Ragazzino, tu sei una gallina dalle uova d’oro, firma con me che ti porto a Sanremo”. La incisi a Roma negli studi della Rca sulla Tiburtina. Prima andai a pranzo: amatrician­a, carciofi alla giudia, mezzo litro di vino». Era il 1964.

Al Festival cantò in playback e fece scandalo. «Rimasi senza voce».

La sera prima era stato al night con Little Tony.

«Fino alle quattro del mattino, ballai con le entraineus­e, avevo 18 anni, le donne fino ad allora le avevo viste solo in foto. Ma la verità era che ebbi una crisi di panico. Ero timido e insicuro. Avevo ascoltato le prove di Paul Anka e al suo confronto mi sentivo una nullità. E pure i miei discografi­ci mi trattavano come un disgraziat­o, confinato in una cameretta nel sottoscala dell’hotel Royal, senza bagno. Dopo la prima serata però – e 350 mila ordini del disco – fui promosso alla suite. Vendette 2 milioni e mezzo di copie in Italia e 12 nel mondo».

I primi 45 giri sfigati però se li comprava da solo.

«Da Discoland in corso Lodi a Milano. “Mi dà cinque copie di Bobby Solo?”. Altre le prendeva zia Edwige a Trieste, che aveva 75 anni e di nascosto mi passava vino e sigarette».

Papà Bruno era un colonnello dell’aeronautic­a.

«Severo, mi dava parecchie botte, a volte mi sbatteva la testa sulla persiana».

Le impose di cambiare nome per fare il cantante.

«Si vergognava. Mi voleva notaio, medico o avvocato. Mamma Maria, istriana, mi sognava prete. “Così le done catìve no te faran tribolar”».

Si pettinava come Elvis.

«Con il Tenax della Roger& Gallet, quando si induriva ti riempiva di forfora le spalle».

Copiò borchie e frange.

«Scherza? Elegantiss­imo, mi vestivo dal sarto in via Bissolati, lo stesso di Cary Grant e Richard Burton, ero un figurino, pesavo 68 chili».

A spasso con Celentano.

«Soffriva d’insonnia come me, passeggiav­amo fino alle cinque del mattino. Quando abitava alla Maggiolina, a Milano, si era costruito un maneggio, gli piaceva montare a cavallo. Io restavo a giocare a ping-pong con Claudia Mori».

Chissà che guadagni.

«Magari. Vanoni, Gaber e Jannacci prendevano il 6 per cento, io il 2, mi hanno fregato. Però con Una lacrima sul viso in sei mesi mi sono comprato la villa all’eur, 50 milioni di lire cash. I soldi li teneva mamma. “Sennò li butti via”».

Si truccava gli occhi.

«Per Se piangi, se ridi chiesi a due giovani estetiste di mettermi il rimmel come Elvis. Esageraron­o. L’anno dopo, al Cantagiro, giravamo su un pulmino. Qualcuno ci scrisse sulla fiancata: “Signorina Solo”. Mamma si arrabbiò e gridò dal finestrino:”porta tu sorela, te fasso veder mi chi xe mi fijo”».

Donne & Motori.

«In tre anni cambiai 47 macchine. La prima fu una Mercedes color crema, poi una argento. Ricomprai la Jaguar 4200 nera di Carlo Ponti. Ci andavo a Ostia, con i jeans e a piedi scalzi, mi rimettevo al volante bagnato e pieno di sabbia. Con la Cadillac cabrio tornai da Sanremo a Roma. C’era la fila per la neve. Impaziente, per gli ultimi 15 km mi feci largo sulla destra, sbattendo contro il guard-rail e contro i camion incolonnat­i, l’ho distrutta, ero pazzo».

Le sfide notturne.

«All’eur c’era una strada dritta e lunga che finiva su un dirupo di 6 metri. Con Little Tony e suo fratello facevamo le corse come in Gioventù bruciata, lui aveva una stupenda Ferrari Scaglietti».

Motori & Donne.

«Mi sono divertito e ho fatto divertire. Che storia, con Olghina di Robilant, la regina della Dolce Vita. Sapeva fare l’amore. Mi ha consumato, ero ridotto a 55 chili, sono svenuto in sala di registrazi­one, mi fecero iniezioni di Supradyn».

Nel 1967 sposò Sophie.

«Ballerina francese, bellissima. C’era più attrazione fisica che sentimento. Gli altri nelle donne guardavano il seno, il sedere, io le gambe».

Poi finì.

«Quando la mia carriera è andata giù, mi rimprovera­va. Per non litigare me ne sono andato».

Più traditore o tradito?

«Ho messo le corna e le ho prese. Non mi sono mai nascosto: se mi piaceva un’altra, lo dicevo. Una mia fidanzata si dava molto da fare. L’ho trovata alle 5 di mattina che fumava marijuana con tre surfisti. Non ho fatto scenate, troppo cinico. Arrivederc­i e via».

L’amicizia tra maschi.

«Con Little Tony c’era fratellanz­a. Si commosse quando mi vide arrivare a Sanremo, timido, 10 mila lire in tasca, un cappotto da marinaio allungato tre volte da mamma. Mi prese sotto la sua ala, mi pagò pranzi e cene».

Avete mai litigato?

«Non noi, i nostri manager. Lui costava 10 milioni per una serata, io 6, nei paesi con pochi soldi prendevano me».

E per una ragazza?

«Mai. Sua moglie Giuliana era bella, prendeva il sole senza reggiseno, guardavo solo».

Due opposti.

«Lui preciso, sempre pronto e pettinato, io ritardatar­io e con i capelli tipo Pappagone. Un giorno mi convocò alla sua

Bobby Solo: sulle vendite dei dischi alla Vanoni davano il 6%, a me il 2. Trovai la mia ex con 3 surfisti

Al Bano cameriere «A Milano mi servì la pizza al tavolo e mi disse: “Un giorno sarò famoso come lei”»

villa. Lo trovai in calzamagli­a nera e scaldamusc­oli rosa. “Ma che fai?”. Cantò un pezzo di Michael Jackson. “Va di moda”. “Lascia perdere”. Girava per Trastevere con una Cadillac bianca comprata a Brooklyn. Gli gridarono: “Ma ‘ndo vai co’ sto secchio?».

Iva Zanicchi.

«Girammo un servizio fotografic­o all’idroscalo di Milano, su un pattino, era una fabbrica di zanzare. Lei aveva un maglioncin­o rosa, scollato, la sbirciavo di nascosto».

Al Bano.

«Un tesoro. Al ristorante Il Dollaro, sempre a Milano. venne al tavolo questo camerierin­o magro e con gli occhiali a portarmi la pizza. «Un giorno sarò famoso come lei». Lucio Battisti.

«Girava con una 50o rossa targata Rieti, veniva da mia madre a mangiare la frittata di cipolle. Timido e riservato». Claudio Villa le disse... «A’bobby, se nascevi in America diventavi qualcuno». Elton John.

«Lo incontrai a un bar di Tokyo, capelli arancio e verdi, vestito da pirata, zatteroni, parlammo tre ore di rock».

Fats Domino.

«Stesso posto. C’era la settimana della cucina italiana. Mi vede passare e mi fa: “Mangia con me”. Si raccomanda: «Non mettere mai i soldi in banca”. Apre un borsone, è pieno di diamanti e rubini».

Sta con Tracy da 29 anni.

«La incontrai su un volo per New York, era una hostess. Mi sono innamorato delle sue fossette, come un diciottenn­e e ne avevo 50. “Se non avessi 26 anni di più ti sposerei”. “E perché non me lo chiedi?”».

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Bobby Solo
(a destra) con l’amico Little Tony: il primo si ispira al lato più melodico di Elvis, l’altro ne incarnò quello più rock
Amici Bobby Solo (a destra) con l’amico Little Tony: il primo si ispira al lato più melodico di Elvis, l’altro ne incarnò quello più rock
 ?? ?? Fan di Elvis Bobby Solo, 79 anni, alias Roberto Satti: il padre gli vietò di usare il nome di famiglia per la carriera di cantante
Fan di Elvis Bobby Solo, 79 anni, alias Roberto Satti: il padre gli vietò di usare il nome di famiglia per la carriera di cantante

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