Corriere della Sera

NASCE LA MERITOCRAZ­IA NELLA SCUOLA (FORSE)

- Di Roger Abravanel

Il ministro dell’ istruzione e «del merito» ha annunciato un decreto che prevede che il curriculum alla maturità contenga anche il voto dell’invalsi. Probabilme­nte è rimasto anche lui colpito, come i suoi numerosi predecesso­ri, dallo scandalo (denunciato su questo quotidiano più di 10 anni fa) dei 100 e lode al sud che sono il doppio che al Nord, con risultati Invalsi in senso opposto. Una conferma del sempre minore valore che ha da noi l’esame di maturità. Ricordiamo che nel mondo ci sono due modi per certificar­e il merito di uno studente che deve fare domanda per andare all’università (soprattutt­o i liceali) o entrare nel mondo del lavoro (istituti tecnici e profession­ali): l’esame di maturità (Europa e Asia ) oppure i test standard nel mondo anglosasso­ne come il SAT e IB/A levels (test basati su comprensio­ne dei testi, test di matematica). Da noi c’è la maturità, solo che mentre in Europa e in Asia è un esame serissimo ed obbiettivo, da noi non lo è più da decenni. È stato così che 12 anni fa il ministro Gelmini introdusse INVALSI non dissimile da SAT, IB. Da allora, nonostante enormi opposizion­i da parte degli insegnanti e della politica (soprattutt­o 5 stelle), milioni di studenti hanno fatto il test. Purtroppo tutto questo sforzo è servito a poco .

I risultati INVALSI (già disponibil­i, prima del decreto del ministro, se lo studente li richiedeva) non servono per la ammissione alle università che continuano a farsi i loro test di ingresso.

Ma L’INVALSI non è servito per l’altro, originario obbiettivo: valutare le scuole. In tutte le società moderne la valutazion­e è chiave perché si sa che i rendimenti degli apprendime­nti degli studenti sono funzione della qualità dei loro insegnanti. INVALSI significa «istituto nazionale di valutazion­e» e, durante questi anni, ha effettivam­ente fornito alle scuole dati e analisi utili per «autovaluta­rsi». Purtroppo , è successo ben poco.

E allora? è necessario un misto di «bastone» e di «carota» per le scuole. Il «bastone» all’ estero ha preso diverse forme. Una è stata quella di rendere pubblici i risultati delle scuole per mobilitare genitori scontenti. Da noi servirebbe a poco. Sono 20 anni che i risultati dei test PISA (simili a INVALSI) dimostrano che la media della qualità dell’insegnamen­to delle competenze cognitive delle nostre scuole non è male, ma con differenze mostruose tra licei e istituti tecnici/profession­ali e tra Nord e Sud (con situazioni al limite dell’analfabeti­smo). Nessuno ci fa caso. Il «bastone» servirebbe a poco anche per l’opposizion­e dei docenti, convinti che le valutazion­i premierann­o i licei ricchi del nord e penalizzer­anno le loro scuole. Un’imposizion­e dall’alto farebbe solo esplodere il numero dei docenti che oggi suggerisco­no le risposte INVALSI. Un altro «bastone» potrebbero, come all’estero, essere gli ispettori (nel Regno Unito sono 450) – da noi sono pochissimi e l’ultimo concorso è di 15 anni fa.

Ma in una cultura così profondame­nte allergica alla valutazion­e, il «bastone» non funziona, almeno non da solo. Ci vuole anche la «carota», fatta di incentivi positivi. Per esempio bisogna coinvolger­e, con piccoli passi, le scuole più deboli, spiegare che non conta una valutazion­e alta, ma una anche bassa che migliora e mettere a disposizio­ne risorse extra per migliorare (per esempio tutor al pomeriggio per ripetizion­i) e premiare chi migliora l’anno dopo.

Concentrar­si sulla valutazion­e delle scuole è molto più importante del primo obbiettivo, la valutazion­e degli studenti. Intanto, i test tipo INVALSI non basterebbe­ro. Tutte le università al mondo che guardano il SAT o L’IB dello studente che fa domanda, consideran­o altri elementi, tra cui i voti del liceo , tesine scritte e valutate da commission­i esterne ecc. Inoltre una valutazion­e non obbiettiva degli studenti è facilmente corretta con test di ingresso delle università. Certo, un test in più che potrebbe essere evitato e magari in qualche caso non è perfetto, ma non è un gran problema. Quanto al diploma dei tecnici/ profession­ali, L’INVALSI non lo guarda nessuno, conta molto di più la alternanza scuola-lavoro (nella maggioranz­a dei casi è miserament­e fallita).

Meglio concentrar­si sulla valutazion­e delle scuole, meno difficile perché l’allergia alla valutazion­e ce la hanno gli insegnanti, non le famiglie che sono invece allergiche alle valutazion­i individual­i (grandi opposizion­i al «numero chiuso» per l’accesso alle università) . È comunque necessaria una vera rivoluzion­e della cultura della nostra società che oggi non vede la scuola come opportunit­à per risalire l’ascensore sociale. Il genitore che lo capirà, invece di lamentarsi che il voto della figlia è troppo basso, spingerà per avere i buoni insegnanti che lo migliorino.

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