«La nostra scuola del borgo? Salvata dai bimbi profughi»
La coppia Albanese-raffaele in «Un mondo a parte» ambientato in Abruzzo
PESCASSEROLI (L’AQUILA) «Qui non siamo nel mondo dei sogni, qui siamo in un mondo a parte». È l’agnese di Virginia Raffaele, vicepreside di un plesso scolastico montano, a occuparsi di riportare con i piedi per terra il maestro Michele Cortese (Antonio Albanese), arrivato dalla grande Roma nella scuola del piccolo borgo arma todi teorie socio antropologiche inadeguate a quei luoghi come i suoi mocassini da turista cittadino.
Chi li conosce molto bene, invece, è Riccardo Milani, ormai abruzzese d’adozione, che ha voluto la coppia di attori come protagonisti del nuovo film, Un mondo a parte, in sala dal 28 marzo. A quasi trent’anni dal suo esordio, Auguri professore, torna a parlare di scuola con una commedia, molto ironica ma veritiera, sulla battaglia per salvare la scuola del paesino immaginario di Rupe, 379 abitanti, dove l’unica pluriclasse è a rischio chiusura per mancanza di iscritti. «Se chiude la scuola chiude il paese». E la chiave per la salvezza saranno tre bambini ucraini e uno marocchino.
«Ho voluto fare un film su una comunità, che è un tema che mi sta a cuore, quasi un’ossessione». Questa è a rischio spopolamento e, dunque, perdita di identità che ha retto bene, al contrario, l’impatto dell’integrazione degli immigrati. «Il nemico è la rassegnazione: come dice Agnese, abituarsi al peggio è la cosa più brutta».
Il film, dice, è un modo per ringraziare la gente dell’alto Sangro. Molti li ha scritturati come attori, a cominciare dai bambini, e poi falegnami, bottegai, albergatori, operai che interpretano bidelli, genitori, sindaci e preti, funzionari del Centro profughi. Sono venuti tutti, banda compresa, all’anteprima a Pescasseroli dove non una scuola ma un cinema, intitolato a Ettore Scola, è stato salvato dalmio l’azione comune di nativi e forestieri. Tra cui lo stesso Milani, la moglie Paola Cortellesi e Dacia Maraini.
Per la quinta volta il regista ha scelto Albanese, sempre più suo alter ego. «In Come un gatto in tangenziale lo mandavo a Bastogi, come avevo fatto io quando una delle mie figlie si era fidanzata con un ragazzo di lì. Qui il suo personaggio ha lo stesso sguardo sul territorio e sulla gente con concretezza e sincerità. Sto attento a cogliere anche segnali in controtendenza, speranze per il futuro. Come, per esempio, il ventenne che anziché scappare come tanti, resta a coltivare le lenticchie».
Un vero punk, secondo Albanese. «A 14 anni anziché la moto ha voluto la pecora. Sid Vicious in confronto è un gesuita». Conferma la sintonia con Milani. «Sa trattare argomenti importanti con nobile leggerezza, ironia e garbo. Non cerca un cinema forzatamente estetico, ma che parla agli esseri umani, in modo onesto e vero».
Per Virginia Raffaele era non solo la prima volta con
Milani, ma anche la prima volta in Abruzzo. «Ma mi sono sentita a casa. Mi è risuonato tutto familiare, quel senso di appartenenza a un luogo che non c’è più. Sono cresciuta al luna park dell’eur, che ho visto pian piano morire, ho provato la stessa nostalgia». Dalle montagne russe a quelle abruzzesi. «Mi hanno conquistato. Con i modi apparentemente ruvidi ma avvolgenti». L’abbraccio della gente continua. Mentre lei, ormai perfettamente mimetizzata, ci dialoga in dialetto stretto.
Il regista
Milani: «Ho girato il film su quella comunità perché è un posto che mi sta molto a cuore»