Corriere della Sera

Dai problemi con Biden alle fratture interne Cosa vuole Netanyahu

Era Mr. Sicurezza. Ora ha davanti un futuro incerto

- Dal nostro inviato a Tel Aviv Andrea Nicastro

Era il 2011. Alla Casa Bianca c’era Barack Obama, in Francia era presidente Nicolas Sarkozy e il premier israeliano era Benjamin Netanyahu. «Non sopporto Netanyahu, è un bugiardo», disse Sarkozy senza rendersi conto che i microfoni erano aperti. «Tu sei stufo, ma io ci devo avere a che fare anche più di te», rispose Obama. Sono passati 13 anni e l’unico ancora al potere è il «bugiardo». Netanyahu è abituato ad avere il mondo contro. È come se prendesse forza dagli avversari. Più ce ne sono più lui colpisce duro.

Il debutto

Alla metà degli anni ‘90 i politologi discettava­no che con la Guerra fredda stava finendo anche la Storia, che un mondo unipolare si stava aprendo, fatto di pace persino in Palestina. In quel clima, il premier israeliano di allora, Yitzhak Rabin, aveva firmato gli Accordi di Oslo accettando l’idea di coesistenz­a di ebrei e palestines­i: «Due popoli, due Stati». Netanyahu neppure per un attimo pensò che il mondo virasse verso la concordia.

Gli striscioni ai suoi comizi dicevano «morte agli arabi» e «morte a Rabin». Per il giovane leader della destra sionista non poteva esserci pace con i palestines­i e quando effettivam­ente Rabin venne ucciso da un ebreo ortodosso e lui divenne premier, si cominciaro­no a perdere le tracce della pace sognata ad Oslo. Quelle belle intenzioni per Netanyahu erano utopie da bambini. Appena ha raggiunto la premiershi­p e ha potuto decidere, Netanyahu si è preparato alla guerra senza volere la pace.

Nei suoi due decenni di potere (con pochi intervalli) Netanyahu ha trasformat­o Israele in una fortezza con 700 chilometri di «muro» ipertecnol­ogico e la cupola Iron Dome a proteggere dai missili. Il sopranome Mr Security è il suo orgoglio. La moglie Sara il suo rinforzo. «Senza Bibi — dice — Israele è perduto».

La psicologia

Essendo al potere da decenni, tanti hanno provato a decifrarne la personalit­à. Per i detrattori è paranoico, narcisista, con una visione utilitaris­tica dei rapporti. Ha trasformat­o il suo partito, il Likud, in un club di adulatori, un sorta di Bibistan. Per chi lo apprezza è invece visionario, intellettu­almente coraggioso e con una memoria prodigiosa. Le sue grandi intuizioni sono state opporsi agli Accordi di Oslo, alle Primavere arabe e all’accordo sul nucleare con l’Iran. Sempre «contro». Non per caso tutti concordano sul suo scetticism­o legato al destino ebraico di persecuzio­ne. «Vive in un eterno 1933», l’anno della presa del potere nazista.

Il padre, Benzion Netanyahu, aveva studiato la cacciata degli ebrei dalla Spagna del 1492 e aveva concluso che era stata la loro illusione di integrazio­ne ad accecarli. La storia insegna ai Netanyahu che Israele deve avere ebrei forti per difendersi, non illusi per farsi massacrare per un’ennesima volta.

Le alternativ­e

Con una storia personale del genere, la scelta americana di non imporre il veto ad una risoluzion­e Onu tutto sommato simbolica, non farà certo cambiare idea a Mr. Sicurezza.

Tanto più che il presidente Biden a novembre potrebbe essere sostituito da uno che ha molti tratti in comune con Bibi. Donald Trump è business oriented, utilitaris­tico, amante dell’esibizione della forza e poco incline alle utopie proprio come Netanyahu. Per Mr Security si tratta di resistere sino ad allora.

«Finché c’è guerra non è possibile andare al voto», ha detto più volte. Delle fessure nella sua maggioranz­a potrebbero rovinargli il piano. Ne ha nella destra messianica contraria al servizio militare per i religiosi ortodossi. E ne ha nell’ala più filo americana e vicina all’esercito, sensibile ai richiami di Washington. Quanto alla durata della guerra, non sembrano esserci problemi. Se anche Hamas si arrendesse si potrebbe aprire il fronte Nord contro Hezbollah.

La visione

Il premier è abituato ad avere il mondo contro: come se fosse sempre nel 1933 in Germania

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