La lezione di Geolier (senza polemiche): «Ho solo da imparare»
Napoli, l’invito del rapper alla Federico II era stato criticato da Gratteri. Lui agli studenti: avrei voluto studiare
Davanti a cinquecento studenti della facoltà di Medicina della Federico II, il rapper Geolier parla come qualunque ragazzo di ventiquattro anni parlerebbe con i suoi coetanei. Le ansie, il futuro, le cose che avrebbe voluto fare e quelle che vorrà fare.
Un giovane rapper che ha cominciato a fare freestyle nella sua cameretta quando era bambino e cinquecento futuri medici non parlano di camorra e di violenza perché né l’uno né gli altri hanno a che fare con la camorra e la violenza e tutti gli argomenti che hanno a cuore non sono da codice penale.
Geolier, che si chiama Emanuele
Palumbo e ieri festeggiava il suo onomastico, ammette sinceramente che gli dispiace non aver studiato. E confessa che se lo avesse fatto avrebbe scelto il conservatorio, «perché la musica resta la cosa che mi piace di più».
Anche i ragazzi che lo ascoltano amano la musica, soprattutto la sua. E gli raccontano di affidarsi ai suoi versi e ai suoi ritmi per combattere l’ansia, anche quella della vigilia di un esame. Ed Emanuele replica che per lui i dischi che fa equivalgono ogni volta a un esame universitario, almeno per quanto riguarda l’ansia che lo accompagna fino all’uscita.
«Io qui non posso insegnarvi proprio niente, posso solo imparare qualcosa da voi», dice appena si siede accanto al rettore Matteo Lorito che ha voluto fortemente quest’incontro e lo ha difeso anche di fronte alle critiche espresse dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri.
Ma nessuno, nell’aula magna della sede distaccata a Scampia della Federico II, ha interesse a fare polemiche. I protagonisti sono il rapper e gli studenti, e il dialogo tra loro è pienamente in sintonia. «Una chiacchierata tra amici», dice Emanuele. Che quando non è sul palco non ci tiene a essere chiamato Geolier,
anzi preferisce il suo nome di battesimo. «A Napoli mi chiamano tutti Emanuele, e mi fa felice, perché io sono rimasto sempre quello che ero prima di diventare famoso». Però in lui qualcosa è cambiato. I testi dei suoi brani, per esempio, molto più personali e sentimentali rispetto agli inizi. «Sono maturato, affronto argomenti diversi. Ma questa è una responsabilità che mi sono preso io. Perché invece l’arte non ha responsabilità educative, quelle toccano ad altri».
E il futuro come lo vede? Domanda aperta a qualsiasi risposta. Ma Emanuele è un ragazzo intelligente e anche spiritoso. E allora liquida l’interrogativo un po’ banale con una risposta che è una perla d’ironia: «Speriamo da vivo».