Corriere della Sera

Volevo lasciare il cinema

L’attrice nella serie Sky «Call My Agent» ha il ruolo di madrina di Venezia Impacciato­re: «In Italia ero ignorata Molestie? Da almeno 4 colleghi Stavo in silenzio, alla fine ho pianto»

- di Valerio Cappelli

Sabrina Impacciato­re scoppia a piangere, poi ride, poi di nuovo in lacrime, così maledettam­ente sincera, senza filtri, divertente, stravagant­e, al punto che quando si mette a parlare di una sciamana incontrata in America ti sembra la cosa più normale che possa dire. Su Sky, la puntata più riuscita della seconda serie di Call My Agent (la vita senza regole degli agenti di cinema al servizio no stop di esigenze e vanità dei loro umorali clienti), è quella con Sabrina, ormai mezza americana dopo il boom in The White Lotus. Nella sua puntata è attesa come madrina al Festival di Venezia.

Imbranata e esuberante, innocente e egocentric­a, ricorda qualcuno...

«Sono io al 100 per cento. Mi sono divertita a immaginare quello che mi sarebbe potuto succedere e ho inventato delle gag: il fuso orario, gli inglesismi nel parlare quando si torna dagli Usa; li avevo sempre ritenuti un’ostentazio­ne ridicola e invece ci si abitua e succedono davvero, anch’io ne sono vittima. Il direttore Alberto Barbera, a cui non riuscivo a dare del tu, nella scena mi accoglie in modo così naturale che non mi sembrava di recitare».

Ma le piacerebbe fare la madrina?

«Preferirei andarci come giurata, o con un film. Nella serie, come madrina, per un infortunio mi tocca improvvisa­re il discorso sulle donne che ancora contano poco nel cinema e sui pari diritti. In quei giorni mi sentivo scorticata da una violenza sessuale terribile avvenuta a Palermo, quello stupratore diceva che la carne è carne. Una sciamana negli Usa mi ha detto che io sono nata nel Paese più misogino perché avevo la missione di svegliarlo».

Continua a fare avanti e indietro con l’America?

«Sì, ho appena finito un thriller action di Patricia Riggen con Viola Davis, G20, dove sono la presidente del Fondo monetario internazio­nale. Il mancato premio per The White Lotus? Ma sono stata la prima attrice italiana candidata agli Emmy, a 55 anni e non a 20, nel mezzo del cammin della mia vita, che è tutta strana. Il capo della mia agenzia negli Usa mi ha detto: ci farai fare un sacco di soldi. Mi sono sentita insostitui­bile, vogliono me e non un’altra. E ho gridato dentro me: yes!».

Nei film americani col Me Too c’è l’«intimacy coordinato­r».

«All’inizio mi sembrava surreale e esagerato, invece benedico che ci sia. In White Lotus ho una scena saffica, mi hanno chiesto dove volevo essere toccata spiegandom­i inquadratu­ra dopo inquadratu­ra. Figurati, venivo dall’Italia dove tanti colleghi mi mettevano le mani dappertutt­o, fuori set ne ho contati almeno quattro, e due con i professori a scuola. Confesso di aver sempre subìto in silenzio. Una volta però gli occhi mi si riempirono di lacrime e quello la smise».

Lei ha mai sedotto un uomo?

In America sono rinata: a 55 anni sono stata la prima italiana candidata agli Emmy, ho appena finito un thriller con Viola Davis

«No, sono old fashion. Non capisco le donne che si offendono se gli uomini ci provano, non voglio che si sentano inibiti, ma almeno aspettate di avere un piccolo segnale».

Stressa i suoi agenti h24?

«Sono la cliente ideale. Un soldato che risolve le cose da sola. Magari creo momenti thriller che diventano compagni di viaggio. Agli Emmy mi si ruppe lo shoe strap, il cinturino delle scarpe, non potevo camminare, con dello scotch nero l’ho rifatto identico. Al Festival di Sanremo del 2018 avevo un bustier strettissi­mo, uscii dal camerino affollato di truccatori e dissi: eccomi qua! In quel momento mi si aprì il vestito. Urlai. Mi chiamarono, dovevo affrettarm­i. In auto la sarta mi rassicurò. Sul palco ero talmente concentrat­a sul bustier che caddi dalle scale».

Ma un film a Venezia...

«Mi sento grata di quello che sto vivendo, non mi manca, arriverà, e così il debutto da regista. Ho avuto momenti bui come attrice. Un giorno dissi all’ufficio stampa che doveva chiamarti per darti un’intervista plateale in cui annunciavo il mio ritiro. Il cinema italiano non mi prendeva sul serio, ero invisibile».

Ora recita con Viola Davis.

«In Sudafrica ero l’unica bianca in un set di neri. Mi sentivo nera anch’io, mi guardavo le mani e trovavo strano che fossero bianche. In una chiesa evangelica ho cominciato a cantare i gospel e Alleluja con loro, insieme col trainer di pugilato (sperimento pure questo). Ora che sono in Italia mi mancano i neri. Vivo in una realtà parallela. Io non sono un’attrice: io vivo da attrice. Nella realtà ci voglio stare il meno possibile».

Nella serie scherza sull’altezza.

«Da ragazza ero complessat­a. Amo fisicament­e vedermi con i tacchi tra i 12 e i 15 centimetri, se non li metto mi sento vulnerabil­e. Però a casa vado scalza o indosso ballerine con paillettes rosse».

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Sabrina Impacciato­re durante le riprese di «Call My Agent» in cui interpreta la madrina della Mostra del Cinema di Venezia
Star del Lido Sabrina Impacciato­re durante le riprese di «Call My Agent» in cui interpreta la madrina della Mostra del Cinema di Venezia

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