Corriere della Sera

«Allora è colpa di Jesus? Siamo basiti, avanti da soli con le nostre battaglie»

Il giocatore sui social col pugno chiuso del Black Power

- di Monica Scozzafava

Juan Jesus si è allenato, ieri mattina. Sorridente, come sempre. Acerbi, invece, è rimasto a casa, col fiato sospeso, in attesa della sentenza. Stati d’animo, opposti anche questi. Il difensore del Napoli ha intrapreso, sin da subito una battaglia anche culturale, e quando — rientrato dal centro sportivo di Castel Volturno — ha saputo che il collega interista era stato assolto dal giudice federale ha compreso, una volta in più, che il percorso è ancora lungo. La reazione? Il silenzio che fa rumore: ha cambiato la foto del suo profilo Instagram, scegliendo­ne una molto iconica: un pugno chiuso alto. Immagine che richiama il gesto del movimento Black Power contro il razzismo compiuto dagli americani Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi in Messico del 1968.

Così, anche in assenza di una condanna il j’accuse di Juan Jesus produrrà almeno un effetto deterrente. Ed è lo spirito della sua battaglia. Il Napoli è stato finora silenziosa­mente complice del suo giocatore, lasciando a lui la gestione del caso, appoggiand­olo con una serie di contributi social contro ogni forma di discrimina­zione. Ma la sentenza non è passata sotto traccia nelle stanze del club. E, dunque, un comunicato ufficiale durissimo. «Siamo basiti», la reazione di sconcerto rispetto alle motivazion­i dell’atto assolutori­o del giudice Mastrandre­a. E poi una posizione forte: «Il Napoli non aderirà più a iniziative di facciata delle istituzion­i calcistich­e contro il razzismo e le discrimina­zioni, continuere­mo a farle da soli, come abbiamo sempre fatto, con rinnovata convinzion­e e determinaz­ione». Hashtag «Io sto con JJ».

Poi la domanda, forse inevitabil­e: «Il signor Acerbi non è stato sanzionato. Il colpevole per la giustizia sportiva dovrebbe essere Juan Jesus, che avrebbe accusato un collega ingiustame­nte?». La risposta,

forte: «Non è ragionevol­e pensare che abbia capito male. Il principio di maggiore probabilit­à di un evento, visibile dalla dinamica dei fatti e dalle scuse del giocatore in campo, che nella giustizia sportiva è preso in consideraz­ione, scompare in questa sentenza». Altra domanda: «Perché, poi, lo dice sempre la sentenza, “essendo raggiunta la prova dell’offesa”, non si punisce il responsabi­le?». Jesus ha trascorso una serena giornata: Acerbi non ha commesso il fatto ma con lui si è scusato. E tanto (non ) basta. Il difensore si ferma qui (non è parte in causa e dunque non c’è ricorso). La battaglia culturale va avanti.

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