Verdini jr e gli appalti Anas, c’è la richiesta di patteggiare: «Pena di due anni e 10 mesi»
È ai domiciliari, l’accusa è di corruzione e turbativa d’asta
Ammettere le proprie responsabilità limitando i danni: è l’obiettivo della proposta di patteggiamento presentata dagli avvocati di Tommaso Verdini, Gildo Ursini e Marco Rocchi. Due anni e dieci mesi di carcere (che potrebbero tradursi in una richiesta di messa alla prova in modo da sottrarsi alla detenzione) per i reati di corruzione e turbativa d’asta. Ora i pm Affinito, Tucci e Varone dovranno dare il loro parere. La difesa di Verdini junior non contesta, dunque, i fatti ma ammette l’attività di lobbying e le manipolazioni dei bandi di gara per gli appalti in Anas, le tangenti degli imprenditori e gli incentivi offerti a quei funzionari che, dall’interno della controllata delle Ferrovie dello Stato, si prodigarono in un gioco di sponda che avrebbe alterato la competizione per aggiudicarsi manutenzione e sicurezza delle infrastrutture italiane. «Questa è più, è oltre il border... guarda come gestirli, questa cosa qui è un po’ borderline» diceva, intercettato, il giovane Verdini. Preoccupato del fatto che si andasse oltre la sponsorizzazione lecita di imprese fidate e ci si muovesse in un campo giuridicamente minato. Gli approfondimenti del nucleo Pef della Finanza avevano ricostruito un sistema efficace: la Inver srl società di Tommaso e Denis Verdini e Fabio Pileri prometteva aiuti per gli imprenditori paganti. In che modo? L’assist veniva dall’interno di Anas dove alcuni funzionari teoricamente infedeli (tra i quali Luca Cedrone e Paolo Veneri) come pure dirigenti (Massimo Bruno di Ferrovie dello Stato) trasmettevano informazioni alle imprese in cambio di una sponsorizzazione politica che facesse decollare la loro carriera. I cosidetti «marescialli» in grado di garantire la diffusione di documentazione e bandi di gara erano insostituibili. L’apparente disponibilità di Federico Freni, sottosegretario all’economia (non indagato), corteggiato perfino con un biglietto per il palco della Scala di Milano, avrebbe facilitato la triangolazione consulenti-imprenditori-appaltatrice. L’adagio «al resto pensa Matteo (inteso come il vicepremier Matteo Salvini, ndr)» compare in diverse occasioni, accreditando l’idea che i Verdini, papà e fratello di Francesca, compagna di Salvini appunto, facessero leva sulle proprie conoscenze istituzionali per favorire il proprio business. Incontri frenetici tra imprenditori, consulenti e politici si verificavano al Pastation di Verdini jr mentre Pileri, con le sue conoscenze nel mondo di mezzo della Capitale (vedi Andrea Carminati, figlio di Massimo), sembra alludere a un’estensione inquietante del perimetro affaristico di Inver.
Per altri indagati, lo stesso Pileri (ai domiciliari in un hotel romano) e gli imprenditori Ciccotto e Veneziano si aprirà il processo immediato. Mentre Stefano Chicchiani, assistito dall’avvocato Pierpaolo Dell’anno, si è visto derubricare il reato di corruzione in traffico di influenze illecite e sarà giudicato separatamente.