La nuova stella (rossa) tedesca: «La sinistra ha sbagliato tutto I migranti? Così sono troppi»
Wagenknecht: «L’UE è centralista, l’ucraina non può vincere»
Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché — sostiene — il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca.
Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie di sera nel suo studio, con i colleghi del polacco Gazeta Wyborcza e del francese La Croix. Sulla porta è ancora appesa la targa del suo precedente partito, la Linke. Tailleur rosso, orecchini d’argento che si muovono come piccoli pendoli quando non è d’accordo, accentuando il dissenso, il ginocchio scoperto come davanti alle telecamere. Si conferma quel che sembra in tv: a metà tra una ieratica figura anni Cinquanta e un’attrice austera, dal fascino naturale, dotata di compostezza e dialettica superiori: non a caso nei dibattiti tv spesso domina su tutti.
Sahra Wagenknecht, perché un nuovo partito? A chi puntate?
«Alle persone con redditi medi, o bassi. Dimenticate da tutti, anche dalla sinistra. Thomas Piketty ha dimostrato nel suo libro Capitale e ideologia, dati alla mano, che storicamente la sinistra è stata votata dai meno privilegiati. Oggi è l’opposto. Prendete i Verdi, so che suona come un cliché: quelli che li votano, hanno un’istruzione accademica, vivono in centro, fanno la spesa nei negozi bio, guidano auto elettriche. Vogliono vietare gli aerei a tutti, spiegano perché non si dovrebbero fare le vacanze a Maiorca e poi volano in tutto il mondo. È questa doppia morale che fa arrabbiare la gente».
Sembrano i discorsi di Alternative für Deutschland...
«È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra. Ma non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti».
Ha fondato un partito «personale», l’unione per la ragione e la giustizia Sahra Wagenknecht. Non fanno così a destra?
«Un partito nuovo deve avere un suo profilo. Ora, io sono relativamente nota, si conoscono le mie idee. Ma l’obiettivo è che il mio nome, alla fine, sparisca. Come dico nel libro “Die Selbstgerechten” (I presuntuosi), siamo conservatori di sinistra. Com’eravamo un tempo, prima di quest’ondata identitaria, prima dei discorsi woke».
Torniamo al 19esimo secolo...
«No, alla Spd di Willy Brandt. Non siamo retrogradi, omofobi, grazie a Dio con queste tesi non abbiamo nulla a che fare. Ma dalla cannabis alla prostituzione, perfino sull’aborto — certo che sono a favore dell’aborto, ma non all’ottavo mese, e neppure al sesto — la sinistra ha preso una serie di posizioni sbagliate».
Prende spesso in giro la ministra verde Annalena Baerbock e la sua politica estera femminista. Lei non è una femminista?
«Il femminismo non c’entra. È una politica estera militarista: glorificare la guerra e fornire armi. Spaventoso dove siano finiti i Verdi».
Sta parlando dell’ucraina?
«E di Gaza. Quello che stiamo facendo con Israele, visto come conduce la guerra, ci rende corresponsabili. Per quanto riguarda l’ucraina: non metteremo fine al conflitto se continuiamo a consegnare armi senza fare pressioni. Ha ragione il Papa. Ci devono essere i negoziati, ora».
Quindi tacciano le armi, e
poi vediamo che fa Putin?
«Intanto così si congelerebbe il fronte. Questo dice il Papa. Non ha parlato di capitolazione, ma di una via per non portare il Paese al suicidio. Credo che Zelensky non abbia nessuna possibilità di vincere la guerra, alimentare quest’illusione è pericoloso».
Cosa pensa della Ue?
«Che si dovrebbe concentrare su quello che può regolamentare. Noi vogliamo smantellare la centralizzazione. Siamo per l’europa delle democrazie sovrane».
Un’europa delle patrie?
«Patria è forse un concetto un po’ datato, ma trovo giusta l’idea di fondo. Vogliamo un’europa che cooperi, senza rivalità e senza ostilità, però siamo contro una centralizzazione delle decisioni a Bruxelles che poi minano la democrazia nei singoli Paesi. Penso che de Gaulle fosse un uomo intelligente».
Suo padre era iraniano, il suo «Spitzenkandidat» Fabio Masi ha origini italiane. Perché è così contraria all’immigrazione?
«Non lo siamo in principio. I problemi nascono quando sono in troppi ad arrivare e mancano le infrastrutture. In Germania servono 700mila alloggi, asili nido, insegnanti. L’altro punto critico è quando l’identità di alcune comunità di migranti si fonda sul rifiuto della cultura del Paese ospitante. Guardiamo cosa succede in Francia, dove ci sono realtà parallele nelle quali si pratica l’islam radicale. Non è accettabile».
Governerebbe con l’afd? Nell’est avreste i numeri dopo le elezioni di settembre.
Linea dura
L’identità di alcune comunità di migranti si fonda sul rifiuto della cultura del Paese ospite
È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra Ma non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti
«Lo escludo. In Sassonia e Turingia sono estremisti».
Ha presentato il suo partito in un ex cinema della Ddr. A volte sembra avere nostalgia di quel mondo.
«Per me la caduta del Muro è stata una liberazione. Avevo difficoltà nella Germania dell’est, volevo le riforme, avevo criticato i vertici, la pianificazione centralizzata. Non ho trovato posto all’università nonostante gli ottimi voti. La “Svolta” per me è stata una benedizione, ho potuto studiare. Allo stesso tempo so che per quelli che non avevano 20 anni come me, la Ddr era in parte la loro biografia. E quando dopo la riunificazione i tedeschi dell’ovest sostenevano che la loro vita non valeva niente, si sono ribellati».